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giurisprudenza

La produzione in giudizio di documentazione riservata è illecito istantaneo (C.N.F., Sent. 22 gennaio 2024, n. 2)

La sentenza in esame trae origine da un esposto proposto nei confronti di un avvocato che, nell’ambito di un procedimento di sfratto per morosità, avrebbe depositato in giudizio corrispondenza intercorsa con il legale di controparte avente ad oggetto possibili soluzioni transattive alla controversia.

L’avvocato era stato sanzionato con la censura sul presupposto della ricorrenza, nel caso di specie, dei presupposti di cui all’art. 48 Codice Deontologico Forense (CDF).

In particolare, il Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD) aveva sottolineato che è soggetta al divieto di produzione in giudizio tutta la “corrispondenza che, pur non essendo qualificata espressamente come riservata, contenga proposte transattive scambiate con i colleghi e le relative risposte (…) L’intento perseguito con il divieto di produzione in giudizio di proposte con contenuto transattivo scambiate tra colleghi è quello di tutelare il corretto svolgimento dell’attività defensionale, consentendo ai legali di formulare in via autonoma, e liberamente, proposte transattive o contestare le proposte ricevute senza il condizionamento del timore della loro divulgazione o produzione in giudizio con possibile pregiudizio delle ragioni dei propri assistiti”.

Con l’impugnazione della sentenza del CDD, l’incolpato ha fatto valere, tra l’altro, la prescrizione dell’azione disciplinare.

In ordine alla prescrizione dell’azione disciplinare, il CNF ha rilevato che, trattandosi di fatti posti in essere fino al 16 ottobre 2014, trova applicazione la legge n. 247/2012 e, conseguentemente, l’art. 56 CDF, secondo cui il termine di durata massima per l’azione disciplinare è di sette anni e sei mesi.

Pertanto, il CNF ha così disposto: “l’illecito contestato all’Avv. [RICORRENTE] ha natura istantanea, sino alla data indicata nel capo di incolpazione, e, quindi, il dies a quo per computare il termine di prescrizione va individuato nel 16 ottobre 2014. Nel caso che ci occupa, a prescindere dagli atti interruttivi, il termine massimo di sette anni e sei mesi, previsto dall’art. 56 della legge professionale, è venuto a maturare in data 16 aprile 2022. Con conseguente prescrizione dell’azione disciplinare in relazione all’illecito contestato”.

A cura di Giulio Carano