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giurisprudenza

La traduzione in lingua italiana della procura alle liti non è requisito di validità dell’atto e la sua carenza non determina alcuna nullità (Cass., Sez. Un., 2 luglio 2025, n.17876)

Nella sentenza in commento le Sezioni Unite, dopo una digressione sull’attuale quadro normativo e dottrinale, intervengono a comporre il contrasto giurisprudenziale sull’obbligo di contestuale traduzione della procura alle liti rilasciata all’estero e, in caso di sua mancanza, sulle possibili conseguenze nel giudizio. In particolare, le S.U. chiariscono che la traduzione di una procura rilasciata all’estero non in lingua italiana e della relativa attività certificativa non integra un requisito di validità della procura medesima e, quindi, in sua assenza, la procura non è nulla. Questo perché la procura non è un atto processuale in senso proprio, soggetto all’obbligo dell’uso della lingua italiana ex art. 122 c.p.c. Si tratta piuttosto un atto prodromico al processo, cioè preparatorio e, quindi, regolato dall’art. 123 c.p.c., a mente del quale i documenti sono validamente acquisiti al processo per il solo fatto della loro produzione, a prescindere dalla lingua in cui sono redatti o dall’assenza di una traduzione. In tal caso, resta in capo al giudice il potere discrezionale di ricorrere a un interprete ex art. 123 c.p.c. a seconda che sia, o meno, in grado di intendere il significato degli stessi documenti o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto. Ne consegue che la traduzione della procura alle liti estera e della relativa attività certificativa non è requisito di validità della procura medesima e la sua mancanza non configura alcuna nullità, anche alla luce del principio di tassatività delle cause di nullità di cui all’art. 156, comma 1 c.p.c.

L’intervento delle Sezioni Unite è stato occasionato dalla sollevata eccezione di nullità della procura speciale rilasciata da una parte al proprio difensore, per il giudizio di legittimità, con un atto autenticato da un Notaio dello Stato della Florida, apostillata dal Segretario di Stato della Florida ai sensi della Convenzione dell’Aja del 05.10.1961. In tal caso, l’eccezione è stata ritenuta infondata perché il testo della procura, comprensivo dell’identificazione del conferente, era redatto in lingua italiana e l’attività certificativa e la relativa apostille, seppur non tradotte, erano agevolmente comprensibili.

A cura di Arianna Farinelli