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giurisprudenza

L’accordo sul compenso tra cliente ed avvocato deve avere la forma scritta a pena di nullità (Cass., Sez. II, Ord., 7 febbraio 2024, n. 3457)

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, confermando sul punto il proprio univoco orientamento, riafferma la necessità che la convenzione sui compensi tra il professionista e cliente debba avere la forma scritta a pena di nullità ai sensi dell’art. 2233 c.c.
La Suprema Corte di Cassazione specifica inoltre che il requisito della forma scritta deve intendersi rispettato non solo quando l’accordo sia trasfuso in un unico documento firmato da entrambe le parti, ma anche quando alla proposta redatta in forma scritta, segua una accettazione in forma scritta.
Nel caso specifico il professionista agiva in giudizio per il recupero dei propri compensi chiedendo gli importi stabiliti ai sensi dei parametri di legge vigenti. Il cliente resisteva all’azione proposta nei suoi confronti sostenendo che nel caso di specie il rapporto professionale dovesse essere regolato dalla convenzione che stabiliva a titolo di compenso inferiori importi rispetto a quelli previsti dai parametri di legge e avanzati dal professionista in giudizio.
Il Tribunale adito accoglieva le ragioni del Cliente resistente e stabiliva l’applicazione della convenzione.
Il professionista proponeva pertanto ricorso per cassazione allegando, tra le altre cose, la violazione dell’art. 2233 c.c. sostenendo l’inesistenza di un atto scritto sottoscritto dalle parti.
La Corte di Cassazione, dopo aver rilevato che in effetti il professionista – all’epoca dei fatti membro del consiglio di amministrazione della Cliente – non aveva partecipato all’assemblea alla quale veniva deliberata la convenzione, accertava l’assenza di forma scritta ed accoglieva il ricorso proposto dal professionista, rinviando al giudice di merito affinché si pronunciasse in ossequio agli espressi principi.

A cura di Silvia Ventura.