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giurisprudenza

L’appropriazione indebita di somme, anche se non commessa nell’esercizio della professione forense, costituisce grave illecito disciplinare (C.N.F., Sent., 11 luglio 2024, n. 297)

La sentenza in esame trae origine da un procedimento penale a carico di un avvocato, accusato di essersi appropriato indebitamente di rilevanti somme appartenenti a un terzo, avendo portato all’incasso assegni che sapeva essere di provenienza illecita.

In ambito disciplinare, l’avvocato veniva incolpato di aver violato le disposizioni del codice deontologico, sul dovere di probità, di dignità, di decoro.

Dalla ricostruzione dei fatti, emerge che l’avvocato incolpato aveva portato all’incasso assegni ricevuti da un collega, tramite uso di “firme di cui la prima riferibile al beneficiario che, nella maggior parte dei casi, non era leggibile e la seconda apposta per conoscenza e garanzia dalla [RICORRENTE] stessa, che al momento del versamento dell’assegno – esibiva anche copia dei documenti già scaduti al momento del versamento, altri falsificati nella data di emissione, altri ancora contraffatti. ……….. L’incolpata era solita incontrare in banca, prima di ogni operazione, l’Avv. [BBB], che le consegnava i titoli unitamente ai documenti degli aventi diritto …..”.

Con la sentenza in esame, il CNF ha avuto modo di ribadire diversi (rilevanti) principi; in particolare, il CNF, a fronte delle difese dell’incolpata, ha chiarito che “ininfluente risulta essere il rilievo della insussistenza di responsabilità professionale nella condotta contestata. Sia l’art. 5 del codice deontologico previgente sia l’art. 9 di quello vigente prevedono la responsabilità disciplinare dell’avvocato anche per fatti estranei all’attività forense quando si riflettano sulla sua reputazione professionale o compromettano l’immagine della classe forense”.

In altre parole, la responsabilità disciplinare dell’avvocato sussiste anche ove il fatto rilevante sia commesso al di fuori dell’esercizio della professione forense, purché da esso derivi la lesione della reputazione o dell’immagine della classe forense.

A cura di Giulio Carano