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giurisprudenza

L’avvocato che assiste più parti ha diritto ad un unico compenso maggiorato del 30% nell’ipotesi in cui i diversi assistititi ricoprano la medesima posizione processuale ma presentino questioni di fatto e di diritto differenti (Cass., Sez. II, Ord., 05 settembre 2025, n. 24592)

La Corte di cassazione, con la pronuncia in esame, torna ad occuparsi di determinazione del compenso spettante all’avvocato che ha assistito più parti nel medesimo processo che si è anche svolto contro più parti. Il giudice di legittimità, ripercorrendo i principi regolatori della materia, ha respinto il ricorso giacché la Corte territoriale aveva fatta corretta applicazione di tali principi. In questi casi, infatti, il compenso dell’avvocato è unico e deve essere maggiorato del 30% se l’assistenza comprende fino a dieci assistiti per i quali sussistano questioni di fatto e di diritto differenti.

Nel caso di specie, l’avvocato aveva chiesto alla Corte di Appello la liquidazione del proprio compenso per l’attività prestata a favore di due parti con la medesima posizione processuale ma per le quali ricorrevano questioni di fatto e di diritto differenti. La Corte territoriale aveva accolto parzialmente la domanda attorea liquidando a favore dell’avvocato una somma inferiore a quella domandata. L’avvocato, tuttavia, aveva proposto ricorso per cassazione lamentando: 1) errata determinazione del valore della causa; 2) omessa liquidazione di compensi separati; 3) omesso riconoscimento maggiorazione per la difesa contro due controparti.

I motivi del ricorso sono stati rigettati.

Riguardo al primo, la Corte di cassazione ha ricordato che il valore della lite dichiarato dalle parti non vincola il giudice il quale deve verificare, nella liquidazione del compenso tra avvocato e cliente, l’effettivo valore della causa.

In relazione al secondo motivo, poi, la Corte di cassazione ha evidenziato che all’avvocato spetta un unico compenso maggiorato ma non compensi separati. La Corte territoriale, infatti, gli aveva riconosciuto una maggiorazione del 30%.

Infine, per quanto concerne l’ultimo motivo, la Corte di cassazione ha evidenziato che la doglianza era inammissibile in quanto si chiedeva al giudice di legittimità una valutazione di merito non consentita; in ogni caso, la terza chiamata in causa non ha proposto una difesa autonoma e, considerato che l’art.4 comma 2 del D.M. 55/2014 applicabile al caso di specie nel prevedere la maggiorazione usava la locuzione “di regola”, la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato la ragione per la quale non era stato applicato l’aumento.

A cura di Fabio Marongiu