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giurisprudenza

L’avvocato che si appropria di files e documenti che appartengono all’associazione professionale di cui fa parte, commette una condotta penalmente rilevante (Cass., Sez. V Pen., 23 Luglio 2015, n. 32383)

Nel caso portato al vaglio dei giudici di legittimità, un professionista Avvocato appartenente ad un’associazione professionale con altri colleghi, veniva accusato di aver rimosso dei dati dal server di studio (cancellando i files originali) e di aver materialmente sottratto una mole consistente di fascicoli cartacei.
Per queste condotte la Corte di Appello di Torino, riformando la sentenza assolutoria di primo grado, aveva condannato il professionista per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
La Corte di Cassazione, facendo proprie le doglianze mosse dal Procuratore Generale, muovendo dalla considerazione che uno studio associato si pone all’esterno come un unico soggetto giuridico e come un unico centro di interessi, nelle condotte consumate dal legale ravvede, anzitutto, una chiara consapevolezza dell’altruità dei beni sottratti, nonché la chiara volontà di trarne un profitto (impedendo che le spettanze venissero riscosse dall’associazione).
Ciò premesso, ad avviso della Corte di Cassazione deve intendersi perfezionato il reato di furto nella misura in cui sono stati prelevati files e fascicoli che appartenevano all’associazione e non al professionista imputato; viene altresì ritenuto integrato il reato di frode informatica in seguito all’intervento sul sistema server con modalità tali da alterarne il funzionamento rispetto a quanto possibile sino al momento della condotta.
A cura di Devis Baldi

Allegato:
32383-2015