La pronuncia in questione riguarda un’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., promossa avanti al Tribunale di Roma dal creditore procedente avverso un’ordinanza di assegnazione emessa in un pignoramento prezzo terzi, con la quale il creditore lamentava la violazione, nella liquidazione delle spese del procedimento, dei parametri forensi di cui al D.M. n. 55/2014.
All’esito del giudizio di merito il Tribunale accoglieva l’opposizione, ma compensava le spese di lite di tale giudizio, adducendo a ragione della compensazione il valore modesto della causa (circa 2 mila euro) e la contumacia dei soggetti convenuti (debitore e terzo), o comunque la circostanza che questi non avevano dato origine, con la loro condotta, alla lite in questione.
Il creditore proponeva quindi ricorso per Cassazione, denunciando ai sensi dell’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. la violazione o falsa applicazione degli artt. 91-92 c.p.c., con riferimento alla compensazione delle spese del giudizio di opposizione.
Il ricorso viene accolto, in quanto la Corte rileva come le gravi ed eccezionali ragioni che giustificano la compensazione totale o parziale delle spese processuali, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., non possono essere illogiche o erronee, come invece accaduto nel caso di specie.
Infatti, secondo la Corte, il “modesto valore della causa” determina la liquidazione dei costi di lite secondo il minimo dello scaglione di riferimento, ma non la loro compensazione (in tal senso si veda la richiamata Cass. n. 8346/2018); mentre la contumacia dei convenuti, o il fatto che essi non abbiano dato origine con la loro condotta alla lite, non elidono una sostanziale soccombenza, che dev’essere adeguatamente riconosciuta sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese.
Conseguentemente, la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, in persona di diverso giudice, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
A cura di Stefano Valerio Miranda