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giurisprudenza

Natura e finalità dell’assegno di mantenimento e dell’assegno alimentare per i figli maggiorenni portatori di handicap (Cass., Sez. I, 29 gennaio 2024, n. 2710)

La Corte di Cassazione, con la decisione in commento, torna sulla natura e sulle finalità dell’assegno di mantenimento e dell’assegno alimentare nel caso particolare di figlio maggiorenne portatore di handicap.

Un uomo, di oltre 50 anni di età, sposato e con figli, destinatario di pensione di invalidità, ricorreva alla Suprema Corte avverso la decisione di merito che aveva respinto la domanda rivolta contro i propri i genitori per vedere accertato e dichiarato il suo stato di bisogno e la sua impossibilità di provvedere al proprio mantenimento, allo scopo di ottenere a titolo di alimenti una somma mensile superiore a quanto versato dai medesimi spontaneamente, i quali già si erano accollati interamente anche le spese abitative comprensive delle utenze.

La Corte rigetta il ricorso e prende lo spunto per ribadire la diversa natura dei benefici richiesti dal ricorrente. L’assegno alimentare non può essere equiparato all’assegno di mantenimento per i figli, essendo diverse sia la natura sia le finalità proprie dei due tipi di assegno. Difatti, l’assegno di mantenimento può comprendere anche la quota alimentare e non presuppone necessariamente lo stato di bisogno, su cui il ricorrente ampiamente ha insistito, dimostrando di avere qualificato la domanda originaria proprio come domanda per alimenti, così come correttamente ritenuto dai Giudici di merito in primo e secondo grado.

In ogni caso, la domanda di assegno alimentare costituisce, comunque, un minus rispetto alla domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne portatore di handicap grave e richiede la ricorrenza di un più stringente presupposto, costituito dallo stato di bisogno. Conseguentemente, la domanda di mantenimento, ove venga formulata per la prima volta in appello in un giudizio alimentare promosso ex art.433 c.c., diversamente che nel caso inverso, è inammissibile e va qualificata come domanda nuova ai sensi dell’art. 345 c.p.c., atteso che la diversa natura degli interessi ad essa sottesi comporterebbe un ampliamento della materia incompatibile con il rispetto dei principi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo.

A cura di Costanza Innocenti