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giurisprudenza

Necessità di appello incidentale per le eccezioni di merito disattese in primo grado (Cass., Sez. Un., 12 maggio 2017, n. 11799)

La sentenza n. 11799 del 12 maggio scorso si rivela di estremo interesse dal momento che con tale pronuncia le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto giurisprudenziale formatosi fra le varie Sezioni della Suprema Corte in relazione alle modalità (appello incidentale ex art. 343 c.p.c. o mera riproposizione ex art. 346 c.p.c) con cui la parte risultata vittoriosa in primo grado debba devolvere al giudice di appello un’eccezione di merito disattesa in primo grado.

Nello specifico, la Seconda Sezione della Cassazione ravvisava l’esistenza di un contrasto nella giurisprudenza della Corte, reputando che esso, “già esistente negli anni passati”, risultava “essere stato altresì acuito dal noto intervento delle Sezioni Unite di cui all’ordinanza del 16 ottobre 2008 n. 25246, con la quale si è affermato che la parte risultata vittoriosa nel merito nel giudizio di primo grado, al fine di evitare la preclusione della questione di giurisdizione risolta in senso ad essa sfavorevole, è tenuta a proporre appello incidentale, non essendo sufficiente ad impedire la formazione del giudicato sul punto la mera riproposizione della questione, ai sensi dell’art. 346 cod. proc. civ., in sede di costituzione in appello, stante l’inapplicabilità del principio di rilevabilità d’ufficio nel caso di espressa decisione sulla giurisdizione e la non applicabilità dell’art. 346 cod. proc. civ. (riferibile, invece, a domande o eccezioni autonome sulle quali non vi sia stata decisione o non autonome e interne al capo di domande deciso) a domande o eccezioni autonome espressamente e motivatamente respinte, rispetto alle quali troverebbe applicazione la previsione dell’art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., per cui in assenza di puntuale impugnazione opera su di esse la presunzione di acquiescenza”.

In maggiore dettaglio, ad avviso della Sezione rimettente, “il punto di perdurante frizione interpretativa è rappresentato dal divergente apprezzamento del concetto di “eccezioni autonome”, da cui far discendere che il loro espresso rigetto imporrebbe la proposizione dell’appello incidentale a cura della parte che sia comunque risultata totalmente vittoriosa nel merito, essendo oggetto di non univoca interpretazione nella successiva giurisprudenza di questa Corte”.

Preso atto di quanto rilevato da parte della Seconda Sezione Civile, e che quindi – al momento della rimessione – nella giurisprudenza delle sezioni semplici era effettivamente ravvisabile una situazione di contrasto sui confini, in punto di modalità della devoluzione al giudice di appello, fra l’istituto della c.d. mera riproponibilità di cui all’art. 346 c.p.c. e quello dell’appello incidentale, regolato dall’art. 343 c.p.c., e nonostante successivamente a tale ordinanza di rimessione fosse sopravvenuta una sentenza emessa dalle medesime SS.UU. (la n. 7700 del 19 aprile 2016) che si era occupata della medesima questione, la Corte ha ritenuto che, in un’ottica di completezza della nomofilachia, risultassero necessarie ulteriori precisazioni, per un verso sul concetto di decisione implicita dell’eccezione di merito e per altro verso per marcare la differenza di approccio che merita l’analoga questione rispetto alle c.d. eccezioni di rito.

Nello specifico, dopo aver passato in rassegna le diverse ipotesi che possono interessare una eccezione di merito (sia proposta dall’attore del primo grado o dal convenuto, se ad interporre appello sia il primo o il secondo di essi, se l’eccezione sia stata esaminata o no, oppure infine se essa se sia o non sia stata considerata rilevante ai fini della decisione del primo grado), il Collegio ha svolto alcune ulteriori osservazioni nell’ambito di un’assai articolata motivazione incentrata sulle differenze tra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato, cioè a elementi che incidono poi sulla manifestazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, che consiste nel divieto per il giudice di pronunciarsi, senza esserne richiesto, su eccezioni rilevabili solo per iniziativa di parte.
Trattasi, in particolare, delle eccezioni in senso stretto o proprio, le quali si differenziano per tale specifico profilo da quelle denominate come eccezioni in senso lato, rilevabili anche d’ufficio dal giudice.

Quindi, alla luce di queste distinzioni, le Sezioni Unite sono giunte ad enunciare un principio di diritto inteso a fornire due precisazioni.
Come prima precisazione, riferita al rigetto di un’eccezione posta dalla parte risultata vittoriosa in primo grado, la Corte ha affermato che “qualora un’eccezione di merito sia stata ritenuta infondata nella motivazione della sentenza del giudice di primo grado o attraverso un’enunciazione in modo espresso, o attraverso un’enunciazione indiretta, ma che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza, la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione da parte sua dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 342 c.p.c., non essendo sufficiente la mera riproposizione di cui all’art. 346 c.p.c.”. Con la conseguenza che “qualora l’eccezione sia a regime di rilevazione affidato anche al giudice, la mancanza dell’appello incidentale preclude, per il giudicato interno formatosi ex art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., anche il potere del giudice d’appello di rilevazione d’ufficio, di cui al secondo comma dell’art. 345 cod. proc. civ.”.

Come seconda precisazione, invece, il massimo Consesso di legittimità ha chiarito che “viceversa, l’art. 346 c.p.c., con l’espressione eccezioni non accolte nella sentenza di primo grado, nell’ammettere la mera riproposizione dell’eccezione di merito da parte del convenuto rimasto vittorioso con riguardo all’esito finale della lite, intende riferirsi all’ipotesi in cui l’eccezione non sia stata dal primo giudice ritenuta infondata nella motivazione né attraverso un’enunciazione in modo espresso, né attraverso un’enunciazione indiretta, ma chiara e inequivoca”. Pertanto, secondo i Supremi Giudici, “quando la mera riproposizione (che dev’essere espressa) è possibile, la sua mancanza rende irrilevante in appello l’eccezione, se il potere di rilevazione riguardo ad essa è riservato alla parte, mentre, se il potere di rilevazione compete anche al giudice, non impedisce – ferma la preclusione del potere del convenuto – che il giudice d’appello eserciti detto potere a norma dell’art. 345 c.p.c., comma 2”.

In pratica, anche in caso di enunciazione indiretta, purché chiara ed esplicita, di rigetto di un’eccezione di merito, la parte risultata vittoriosa in primo grado deve comunque proporre appello incidentale onde evitare che si formi il giudicato interno ex art. 329, comma 2 c.p.c., tant’è che il giudice di appello non può rilevare d’ufficio sul punto, come consentirebbe l’art. 345, secondo comma della medesima fonte; viceversa, l’eccezione di merito che non viene ritenuta infondata da parte del giudice di prime cure, può essere semplicemente riproposta (seppur espressamente), poiché tale mancanza rende irrilevante l’eccezione quando il potere di rilevazione è riservato alla parte, diversamente dal caso in cui è rilevabile dal giudice ex art. 345, secondo comma c.p.c.

Mentre per quanto riguarda le eccezioni di rito (e cioè le eccezioni di natura processuale), se l’eccezione è stata rigettata in modo espresso o indirettamente, è necessario interporre l’appello incidentale; invece, ove l’eccezione non sia stata accolta, nel senso che non è stata nemmeno esaminata, è del pari necessario l’appello incidentale, posto che la condotta del giudice si concretizza in un error in procedendo, avendo questi violato l’art. 276 c.p.c., che impone di esaminare il merito solo dopo aver appurato l’infondatezza dell’eccezione di rito.

In sostanza, secondo il principio espresso dalle Sezioni Unite, è sempre necessario proporre appello incidentale, salvo il caso delle eccezioni di merito “non accolte”, quindi nemmeno esaminate.

A cura di Cosimo Cappelli