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giurisprudenza

Nel giudizio disciplinare, in caso di successione di leggi nel tempo, si deve applicare per intero la disciplina in concreto più favorevole all’incolpato (Cass. Sez. Un., 10 giugno 2021, n. 16296)

La questione che è stata portata al vaglio delle Sezioni Unite di Cassazione concerne l’applicazione dei principi del “favor rei” e del “divieto di reformatio in peius” all’interno del procedimento disciplinare a carico di un Avvocato in caso di successione di leggi nel tempo.
Il Consiglio Nazionale Forense, in sede di rinvio di una sentenza delle stesse S.U. n. 3023/2015, aveva rideterminato la sanzione da infliggere al professionista, passando dalla originaria cancellazione alla più lieve sospensione dalla professione per anni due.
Nel far questo, il C.N.F. osservava che in presenza di una fattispecie illecita complessa come quella in esame, costituente il risultato di una pluralità di comportamenti, uno tipizzato (l’art. 72 menzionato) e gli altri non tipizzati, “la sanzione non poteva che essere grave e dunque ablativa”, essendo del resto prevista la sospensione fino a tre anni nella più lieve ipotesi dei fatti contestati; ma benché sussistessero in linea teorica i presupposti per una sanzione più grave, il CNF riteneva congruo infliggere, in sostituzione della cancellazione, la diversa pena della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per il periodo di due anni.
Le Sezioni Unite, accogliendo il ricorso del professionista, ricordano anzitutto che in tema di giudizi disciplinari nei confronti degli Avvocati, le norme del codice deontologico forense approvato il 31 gennaio 2014 si applicano anche ai procedimenti in corso – come nella specie – al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, avendo la L. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 65, comma 5, recepito il criterio del favor rei, in luogo del criterio del tempus regit actum.
Ne consegue che l’individuazione del regime giuridico più favorevole deve essere effettuata non in astratto, ma con riguardo alla concreta vicenda disciplinare, tenendo conto di tutte le conseguenze che potrebbero derivare dall’integrale applicazione di ciascuna delle due normative nella specifica fattispecie; tuttavia, all’esito dell’individuazione, quella ritenuta più favorevole deve essere applicata per intero, dovendo escludersi la possibilità di operare una combinazione tra la vecchia e la nuova normativa ricavandone arbitrariamente una terza attraverso l’utilizzo e l’applicazione di parti dell’una e parti dell’altra.
Per gli effetti, il C.N.F. avrebbe dovuto procedere a comparare i trattamenti sanzionatori, previsti dalla vecchia e dalla nuova disciplina, in concreto e giungere quindi ad applicare per intero quella più favorevole per il sanzionato.

A cura di Devis Baldi