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giurisprudenza

Nel processo civile telematico non si applicano le regole del deposito cartaceo dei documenti. (Cass., Sez. I, Ord., 29 febbraio 2024, n. 5420)

Con la sentenza n. 5420/2024 del 29 febbraio scorso la Suprema Corte, Sez. I, ha enunciato il seguente principio di diritto in tema di deposito dei documenti nel processo civile telematico:

“Nella disciplina del deposito telematico non trovano applicazione le regole dettate dall’articolo 74 c.p.c. secondo cui il fascicolo di parte è suddiviso in due sezioni, l’una destinata agli atti e l’altra ai documenti, ed il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale degli atti e dei documenti, sottoscrive l’indice del fascicolo ogni volta che viene inserito in esso un atto o documento.”

La fattispecie in sintesi: viene proposto ricorso, con tre motivi, avverso la sentenza di appello con cui si respingeva l’impugnazione della sentenza tribunalizia che rigettava l’opposizione avverso un decreto ingiuntivo

Per quel che qui interessa, il primo motivo denunciava violazione degli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c. e 9 decreto 44/2011: si sosteneva che la Corte d’Appello avesse errato nel ritenere irrilevante che 120 estratti conto fossero stati prodotti dalla controparte telematicamente (suddivisi in 4 depositi), poiché il deposito così perfezionato costituiva lesione del diritto di difesa degli allora appellanti, ora ricorrenti.

La Suprema Corte, esaminato il ricorso, lo ha ritenuto palesemente infondato (anche in riferimento agli altri motivi).

Nello specifico, la Corte ritiene destituito di fondamento il primo motivo poiché basato su di una tesi insostenibile.

I ricorrenti deducevano, difatti, che il deposito telematico di documentazione già prodotta a sostegno della domanda proposta in via monitoria (gli estratti conto) dava luogo ad una evidente ipotesi di inutilizzabilità della produzione: questo perché il combinato disposto degli artt. 74 e 87 disp. att. c.p.c. gli atti ed i documenti prodotti prima della costituzione in giudizio devono essere depositati nel fascicolo di parte, suddiviso in atti e documenti, e poi elencati nell’indice del fascicolo e sottoscritti dal cancelliere (con l’apposizione del visto), mentre quelli prodotti dopo la costituzione vanno depositati in cancelleria, sempre nel fascicolo di parte, con la comunicazione del loro elenco alle altre parti (sempre previa apposizione del visto); a sostegno di ciò richiamava Cass. 4822/1997.

Il deposito nel fascicolo telematico, senza quindi la distinzione tra fascicolo di parte / d’ufficio e senza la differenziazione fra le sezioni atti e documenti, non sarebbero quindi rispettosi di queste disposizioni e derivandone l’inutilizzabilità dei documenti così prodotti.

Il Supremo Consesso ha però rilevato l’assoluta non pertinenza del precedente all’odierno processo civile telematico, se non altro per essere una pronuncia dettata in tema di deposito cartaceo.

A mezzo del processo civile telematico, infatti, tutta la documentazione processuale di parte viene raccolta in un unico fascicolo telematico, senza più distinzione fra sezione atti e sezione documenti, e non abbisogna di alcun “visto” da parte del cancellerie: il deposito telematico di un atto o di un documento è operazione in linea di massima irreversibile, poiché la parte che ha effettuato il deposito non ha modo di rimuovere quanto depositato.

La disciplina del processo telematico rende quindi nulla, sostanzialmente scongiurando, la possibilità che atti e documenti non ritualmente prodotti possano, in ipotesi, comparire e scomparire dal fascicolo di parte: pertanto, nessuna inutilizzabilità può conseguire ad un deposito effettuato con modalità telematiche e, in definitiva, alcuna utilità mantiene il “visto” del cancelliere sul deposito dei documenti.

La Corte, pertanto, ha respinto il ricorso e ha condannato al pagamento delle spese legali oltre al raddoppio del C.U. previsto per il ricorso (in quanto ricorso palesemente infondato).

A cura di Andrea Goretti