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giurisprudenza

No alla trascrivibilità dell’accordo di separazione con negoziazione assistita. Ma c’è un rimedio (Cass., Sez. II, 4 agosto 2023, n. 23851)

La questione portata all’attenzione della Cassazione concerne il ricorso avverso il decreto camerale, in fase di seconde cure, emesso all’esito del procedimento diretto ad ottenere l’ordine giudiziale alla trascrizione da parte della Conservatoria, denegata dal suddetto ufficio.

Due coniugi avevano sottoscritto una convenzione di negoziazione assistita di separazione personale con la quale prevedevano, tra le condizioni, la cessione da parte del marito alla moglie del 50% della quota di proprietà di un’unità immobiliare già per la residua metà di proprietà della stessa. Ottenuto il nulla osta dalla Procura della Repubblica, il Conservatore dei registri immobiliari addetto alla trascrizione aveva rifiutato di procedere all’adempimento pubblicitario, ritenendo l’atto mancante dell’autenticazione delle sottoscrizioni prevista dalla legge ad opera di un pubblico ufficiale a ciò abilitato. I coniugi presentavano reclamo lamentando che l’autenticazione certificata dagli avvocati fosse sufficiente a rendere trascrivibile l’atto. Il Tribunale accoglieva la richiesta della coppia, ma in secondo grado la Corte d’Appello accoglieva il reclamo del Conservatore ritenendo sempre necessaria l’autenticazione da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. I coniugi presentavano così ricorso straordinario in Cassazione, evidenziando la specialità della negoziazione assistita in ambito familiare rispetto alla negoziazione in via generale e l’espressa equiparazione degli accordi di separazione intercorsi in tale regime ai provvedimenti giudiziali emessi all’esito di procedimenti per separazione consensuale, per giustificare la loro trascrivibilità senza l’intervento di pubblici ufficiali autenticanti.

Gli Ermellini hanno evidenziato come la controversia presenti una questione preliminare in rito, che determina l’inammissibilità del ricorso, per l’assenza dei connotati della decisorietà e della definitività della citata pronuncia di merito ai sensi dell’art. 745 c.p.c. difettando, da un lato, l’attitudine a statuire in ordine a diritti soggettivi tra di essi incompatibili e, dall’altro, l’idoneità al passaggio in giudicato, proprio “potendo le parti agire in via contenziosa per ottenere una pronuncia sull’esistenza del loro diritto all’adempimento pubblicitario”.

La Suprema Corte ha evidentemente fatto proprio l’assunto, già argomentato in precedenza (si veda Cass., Sez. II Civ., 9 Agosto 2022, n. 24484), per il quale il suindicato giudizio di volontaria giurisdizione “abbia la sola finalità di garantire il controllo di legalità sul compimento degli atti di annotazione nei pubblici registri” non incidendo su posizioni sostanziali nel contraddittorio delle parti.

A cura di Costanza Innocenti