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giurisprudenza

Rischia di commettere i reati di ingiuria e diffamazione l’avvocato che utilizza espressioni offensive in atti indirizzati al Consiglio dell’Ordine (Cass., Sez. V Pen., 26 ottobre 2015, n. 43033)

Con la Sentenza in commento, la Suprema Corte di Cassazione chiarisce i limiti in cui si può applicare l’esimente prevista dall’art. 598 c.p., che prevede la non punibilità delle offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunziati dalle parti – o loro patrocinatori – davanti all’autorità giudiziaria o amministrativa.Invero, ai fini dell’invocabilità dell’esimente in esame, è necessario che le offese siano pertinenti all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo.In secondo luogo, deve esservi un giudizio pendente nel quale sia parte anche l’autore delle espressioni offensive.Conseguentemente, posto che nel caso di specie le espressioni offensive erano contenute all’interno di un esposto indirizzato al Consiglio dell’Ordine forense che, poi, avrebbe generato un giudizio disciplinare al quale non partecipa l’autore delle citate espressioni, l’imputato non può invocare l’esimente di cui all’art. 598 c.p.

A cura di Devis Baldi

 

Allegato:
43033-2015