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giurisprudenza

Sanzionato l’avvocato tossicodipendente che spaccia, ma la resipiscenza incide sulla misura della sanzione (Consiglio Nazionale Forense, Sent. 26 settembre 2022, n. 149)

La sentenza in esame trae origine da un procedimento disciplinare, instaurato nei confronti di un avvocato per violazione dell’art. 9 del Codice Deontologico Forense.

All’avvocato era contestato di essersi “reso responsabile del reato di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio (grammi 56 di cocaina) , confessando, inoltre, anche di essere tossicodipendente, arrecando così disdoro alla reputazione, al decoro, alla dignità ed alla immagine della professione forense, anche alla luce della risonanza mediatica dei fatti in questione”.

Il Consiglio Distrettuale di disciplina aveva pertanto disposto la radiazione dell’avvocato.

In sede di impugnazione, l’avvocato ricorrente ha valorizzato, tra le altre, la circostanza di aver ammesso (già in sede di audizione personale) le proprie colpe, nonchè di aver intrapreso un percorso riabilitativo; come si legge nel provvedimento in commento, l’avvocato “lamenta l’utilizzo che l’organo disciplinare avrebbe fatto della sua resipiscenza, laddove la stessa ammissione di responsabilità, anziché ricevere una valutazione premiale, aveva costituito proprio il fondamento della sanzione irrogata, senza tenere in alcuna considerazione che il professionista aveva intrapreso un percorso riabilitativo”.

Il CNF ha accolto il ricorso e ridotto la sanzione applicata dal CDD, affermando, tra l’altro, che “la resipiscenza dimostrata successivamente al fatto deontologicamente rilevante rende pertanto inadeguata ed eccessivamente afflittiva la sanzione della radiazione, dovendosi contemperare la gravità della condotta con il percorso terapeutico dell’incolpato che consente altresì la formulazione di un giudizio prognostico favorevole”.

A cura di Giulio Carano