Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

Sanzione disciplinare per l’avvocato che assume incarichi contro una parte già assistita. (Cass., Sez. Un., 20 luglio 2022, n. 22792)

Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento hanno respinto il ricorso di un avvocato, sanzionato dal CNF per aver assistito seppur in mera sede stragiudiziale un uomo in un procedimento contro la ex moglie, dopo che lo stesso legale aveva curato il divorzio della coppia.

Il legale aveva subito un procedimento disciplinare per illecita assunzione di incarichi contro una parte già assistita, ai sensi dell’art. 68 del nuovo Codice Deontologico, all’esito del quale il CDD aveva inflitto la sanzione della censura, di poi modificata in mero avvertimento dal CNF su ricorso del legale.

Avverso la decisione del CNF, il legale aveva fatto ricorso in Cassazione rilevando in primis che il CNF non aveva specificato le ragioni dell’iter che aveva portato alla decisione e, in secondo luogo, che non era emerso alcun atto volto a ravvisare la formalizzazione di una posizione conflittuale con l’ex cliente, essendosi il professionista limitato ad uno scambio di corrispondenza stragiudiziale per chiarire le posizioni dell’ex marito alla luce delle condizioni di carattere patrimoniale concordate in sede di divorzio consensuale.

Eccepiva poi il legale che il CNF non aveva accolto l’eccezione di prescrizione per decorso del termine massimo di sette anni e mezzo dal fatto contestato, risalente al 2012

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso per le seguenti ragioni.

Innanzitutto, è stato evidenziato che ai fini della configurabilità dell’illecito di assunzione di incarichi contro una parte già assistita non importa stabilire se sussista o meno la prova del conferimento formale del mandato o dell’assolvimento di un’attività di consulenza, quanto piuttosto se l’avvocato abbia svolto un’attività di assistenza, anche soltanto formale.

Nel caso di specie la sentenza impugnata risultava adeguatamente e ragionevolmente motivata tanto con riferimento alla sussistenza della condotta integrante illecito disciplinare per il quale è stata riconosciuta la responsabilità, sia pure tenue, quanto con riguardo alla sanzione in concreto irrogata.

Quanto all’eccezione di prescrizioni, il Supremo Collegio ha ricordato che in tema di illecito disciplinare degli avvocati, il regime più favorevole di prescrizione introdotto dall’art.56 della l. n. 247 del 2012, che prevede un termine massimo di prescrizione dell’azione disciplinare di sette anni e sei mesi, non trova applicazione con riguardo agli illeciti commessi prima della sua entrata in vigore posto che il momento di riferimento per l’individuazione del regime della prescrizione applicabile, nel caso di illecito punibile solo in sede disciplinare, rimane quello della commissione del fatto e non quello della incolpazione.

La Corte quindi respinge il ricorso.

A cura di Corinna Cappelli