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giurisprudenza

Se c’è il mandato l’incarico è provato (Cass., Sez. VI, Ord., 31 marzo 2021, n. 8863)

Con la pronuncia in oggetto la Corte di Cassazione ha affrontato il tema del rapporto tra mandato e procura nell’incarico professionale. Nel caso in esame la parte ricorrente aveva agito in giudizio nei confronti del proprio avvocato prospettando una sua responsabilità per non avere eseguito l’incarico a lui affidato in un procedimento di risarcimento danni. In primo grado il tribunale rigettava la domanda ritenendo non provata la procura alle liti e ritenendo inammissibile, ai sensi dell’art. 2725 c.c., la prova testimoniale tesa a dimostrare l’esistenza dell’instaurato rapporto professionale. Per le medesime ragioni anche i giudici di secondo grado respingevano l’appello. Avverso quest’ultima sentenza la ricorrente proponeva ricorso per Cassazione denunciando con unico motivo l’erroneità dell’interpretazione sulla prova del rapporto professionale (cliente-avvocato) fornita nelle precedenti pronunce. Secondo la ricorrente infatti i giudici avrebbero errato nel ritenere che per provare la responsabilità del professionista dovesse essere fornita la prova scritta della procura e non già quella orale del mandato. In altre parole la prova dell’esistenza di valida procura sarebbe servita solamente ad opporre l’incarico verso terzi senza avere alcun rilievo nei rapporti interni definiti con mandato. I giudici di legittimità sul punto ribadivano il principio di diritto secondo cui “mentre la procura “ad litem” costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte” (Cass. n. 13963 del 2006; Cass. n. 14276 del 2017). Nel caso di specie infatti la ricorrente chiedeva di provare solamente di aver dato incarico (mandato) al difensore e pertanto sul punto non poteva essere richiesta prova scritta ad substantiam e nessun limite poteva essere posto alla prova testimoniale. Per tali ragioni i giudici di legittimità accoglievano il ricorso e cassavano la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello.

A cura di Brando Mazzolai