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giurisprudenza

Sospeso dall’attività professionale l’Avvocato che forniva ripetutamente sostanza stupefacente alle proprie praticanti, consumandola insieme a queste all’interno ed all’esterno dello studio professionale (C.N.F. sentenza n. 331 del 27 Dicembre 2023).

Il giudizio portato al vaglio del Consiglio Nazionale Forense prende le mosse da un giudizio disciplinare promosso dal Consiglio Distrettuale di Disciplina del Foro di Bologna promosso nei confronti di una Avvocato.

L’Avvocato era stata sottoposta ad un giudizio disciplinare per plurime incolpazioni, dettagliate nelle seguenti condotte:

– avere fornito ripetutamente sostanza stupefacente (del tipo cocaina) alle proprie praticanti, consumandola insieme a queste ed altri all’interno ed all’esterno dello studio professionale;

– avere, con le condotte di cui al capo precedente nonché subordinando di fatto la formazione al consumo di stupefacenti da parte delle proprie praticanti, omesso di assicurare a queste la proficuità della pratica forense;

– avere omesso di riconoscere alle proprie praticanti alcun compenso e comunque un compenso adeguato;

– avere intrattenuto con propri clienti non identificati rapporti consistenti nell’acquisizione di stupefacenti dai clienti medesimi, idonei a influire sul rapporto professionale con questi;

– avere, svolto la funzione di testimone alla celebrazione del matrimonio civile tra omissis e omissis, matrimonio simulato e contratto al solo fine di consentire al suddetto omissis di ottenere il permesso di soggiorno ed evitare l’espulsione dal territorio italiano.

Il giudizio disciplinare era stato originato da indagini preliminari della Procura della Repubblica competente per i medesimi fatti di reato che, poi, avevano portato ad una sentenza di condanna dell’Avvocato, fatta oggetto di impugnazione in appello da parte della professionista.

Il C.D.D. ritenute provate le condotte illecite contestate all’incolpata, e, dichiarata la sua responsabilità, comminava alla medesima la sanzione della sospensione dell’attività professionale per quattro anni.

Investito del merito della decisione, il C.N.F. valorizzava i seguenti aspetti:

– anzitutto, si deve ricordare che il rapporto tra il procedimento penale e quello disciplinare è normato dall’art. 54 L. 247/12, che prescrive che il primo si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti. Solo nell’ipotesi in cui sia indispensabile acquisire atti e notizie dal procedimento penale, quello innanzi li CDD può esser sospeso a tempo determinato. Nel caso in esame la mole di dati e documenti in atti è assolutamente esaustiva per avere contezza dei fatti contestati all’ incolpata senza necessità, quindi, di disporre la sospensione del procedimento disciplinare in attesa del giudicato penale.

– Secondo quanto dichiarato dalle due praticanti, la cessione della sostanza stupefacente era prassi ordinaria una volta terminato l’orario di studio ed all’interno dei locali. La dott.ssa [OMISSIS] ha riferito inoltre, con dovizia di particolari, anche soffermandosi sulle modalità di consumo della sostanza stupefacente, di esser stata indotta all’uso della cocaina e di aver proseguito nel consumo, sempre dietro cessione del titolare della sua pratica forense, in quanto si sentiva coinvolta sempre più in quello che definisce “un mondo perverso” dato dalla sua pratica forense presso lo studio professionale.

– In merito al capo di incolpazione attinente alla dedotta responsabilità dell’Avv. [RICORRENTE] nella fattiva collaborazione quale testimone per la simulazione della celebrazione del matrimonio civile tra omissis ed omissis, nella narrazione testimoniale delle due praticanti è emerso che uno dei nubendi fosse l’abituale cliente dello studio che approvvigionava di cocaina la stessa professionista.

– Infine, in ordine alle modalità di svolgimento della pratica forense,  è emerso dagli atti che l’insegnamento dell’Avvocato fu prevalentemente indirizzato a condotte dal contenuto non certo commendevoli ed anzi addirittura spregevoli ed illecite, e caratterizzato dall’ assenza di alcun compenso per l’attività svolta in suo favore.

A fronte di quanto premesso, quindi, il C.N.F. rigettava tutti i motivi di ricorso, confermando pienamente la decisione del Consiglio di Disciplina di Bologna, anche in ordine alla sanzione inflitta, tenuto conto della gravità delle condotte assunte, in particolare nei confronti di giovani praticanti che si affacciano alla professione forense e che quindi dovrebbero trovare nel dominus la guida e l’esempio da seguire nella prossima vita professionale.

A cura di Devis Baldi