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giurisprudenza

Sul decorso del termine per la riassunzione del processo ipso iure interrotto per fallimento di una parte (Cass., Sez. III, 5 gennaio 2024, n. 322)

Con la sentenza n. 322/2024 la Suprema Corte ha dato continuità al principio sancito da Cass. SS. UU. 12154/2021 che nei termini qui si riporta

“in caso di apertura del fallimento, l’interruzione del processo è automatica ai sensi dell’art. 43, comma 3, l. fall., ma il termine per la relativa riassunzione o prosecuzione, per evitare gli effetti di estinzione di cui all’art. 305 c.p.c. e al di fuori delle ipotesi di improcedibilità ai sensi degli artt. 52 e 93 l. fall. per le domande di credito, decorre dal momento in cui la dichiarazione giudiziale dell’interruzione stessa sia portata a conoscenza di ciascuna parte; tale dichiarazione, qualora non già conosciuta in ragione della sua pronuncia in udienza ai sensi dell’art. 176, comma 2, c.p.c., va notificata alle parti e al curatore da uno degli interessati o comunque comunicata dall’ufficio giudiziari”.

La fattispecie in sintesi: nel corso del giudizio di appello a mezzo del quale una società appellava la sentenza di primo grado (con cui veniva rigettata l’opposizione avverso una cartella di pagamento) veniva dichiarato il fallimento di quest’ultima: ai sensi dell’art. 43 l. fall. il giudizio si interrompeva ex lege.

La Curatela, chiesta ed ottenuta l’autorizzazione a costituirsi nel giudizio interrotto, vi si costituiva regolarmente ma la Corte d’Appello ne dichiarava l’estinzione sul presupposto che la riassunzione era avvenuta dopo il termine di cui all’art. 305 c.p.c.

La Curatela quindi ricorreva avanti il Supremo Consesso con 6 motivi diversi, dei quali l’unico che qui interessa (in quanto assorbente) è il primo, cioè la censura avverso la dichiarazione di estinzione del processo.

Nello specifico, la Curatela osservava che la tematica dell’individuazione del dies a quo del termine per la riassunzione di un processo in caso di interruzione automatica ex art. 43 l. fall. – oggetto della richiamata sentenza n. 12154/2021– è stata risolta nel senso di individuare il termine iniziale dalla conoscenza della dichiarazione giudiziale dell’interruzione del processo stesso.

Ebbene, nel caso di specie, però, non era stata dichiarata alcuna interruzione giudiziale dell’evento interruttivo, la quale avrebbe portato la conoscenza legale di tale interruzione alle parti in giudizio: l’estinzione del processo era, dunque, illegittima poiché dichiarata prima della scadenza del termine di cui all’art. 305 c.p.c.

La Suprema Corte, richiamando proprio i principi espressi dalle Sezioni Unite, ha quindi accolto questo motivo di ricorso precisando che i predetti principi sono applicabili “sia nei confronti delle parti processuali non colpite dall’evento interruttivo, le quali hanno la necessità di prendere conoscenza dell’evento medesimo, altrimenti legittimamente loro ignoto, sia nei confronti della parte fallita e dello stesso curatore del fallimento, il quale ha la diversa esigenza di sapere quali siano i giudizi di cui era parte il soggetto fallito, al fine di riassumerli o proseguirli”.

La mancata dichiarazione giudiziale di interruzione del processo e/o comunque la mancata notifica / comunicazione al Curatore non hanno consentito al termine di cui all’art. 305 c.p.c. di iniziare a decorrere regolarmente, per cui la costituzione nel giudizio di appello da parte della Curatela era correttamente intervenuta.

La Corte, pertanto, ha accolto il primo motivo di ricorso e rinviato alla Corte d’Appello.

A cura di Adrea Goretti