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giurisprudenza

Sul divieto per l’avvocato di ascoltare un minore senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale (Cass. Sez. Un., 25 marzo 2020, n. 7530)

La sentenza in commento si pronuncia anche sul ricorso in Cassazione proposto da un avvocato avverso la sentenza del CNF che ha confermato la decisione del COA di Venezia di sospenderlo dall’esercizio della professione per la durata di mesi sei,  per aver ascoltato nel proprio studio un minore di 17 anni, in vista della presentazione di un ricorso per la modifica dell’affidamento, alla presenza della madre ma senza il consenso del padre, nonostante che nei confronti della prima fosse stato pronunciato provvedimento di decadenza dalla responsabilità genitoriale da parte del Tribunale per i Minorenni di Venezia, e che il minore fosse affidato al secondo e presso di lui collocato; e dunque per violazione del dovere di lealtà e correttezza di cui all’art. 6 del c.d.f. ante 2014, applicabile ratione temporis (sentenza del CNF del 13 maggio 2019, n. 38, in questa rivista).

Nel ricorso l’avvocato formulava, fra gli altri, i seguenti motivi: (i) travisamento dei fatti ed eccesso di potere in relazione alla circostanza di fatto, alla quale non sarebbe stato dato il dovuto rilievo, della mancata conoscenza da parte del ricorrente dell’intervenuta decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre del minore; (ii) ingiustizia manifesta del provvedimento impugnato, dal momento che l’istruzione probatoria svolta davanti al COA avrebbe fatto emergere che il minore e i suoi due fratelli avevano subito delle violenze da parte del padre, per cui la scelta dell’avvocato di procedere all’ascolto senza interpellare quest’ultimo sarebbe stata giustificata dall’intento di tutelarli.

Senonché, la Corte rigetta il ricorso rilevando, con riferimento al primo dei due motivi suddetti, che la censura non coglie la ratio decidendi della decisione impugnata, basata sulla conoscenza da parte dell’avvocato, non della decadenza della madre, ma dell’affidamento del minore al padre e del collocamento presso di lui (il che si ricavava da una comunicazione inviata dall’avvocato al padre a seguito dell’ascolto).

Il CNF aveva affermato, infatti, che il divieto per l’avvocato di ascoltare un minore senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale, oggi previsto espressamente dall’art. 56 dell’attuale c.d.f., era pacifico già nella giurisprudenza della Cassazione e del CNF formatasi nel vigore del vecchio codice, che giustamente lo riconduceva proprio al generale dovere di correttezza e lealtà.

Quanto al secondo motivo, la Corte lo dichiara inammissibile perché inconferente rispetto all’addebito contestato e avente ad oggetto la prospettazione di una situazione di fatto alternativa e diversa da quella insindacabilmente posta a fondamento della decisione impugnata, anche sulla base di giudicati penali.

Il CNF, infatti, aveva accertato che le accuse della madre, riguardanti presunte violenze del padre verso i figli, erano tutte state acclarate in sede penale come infondate, e che anzi nei confronti della donna si era proceduto per calunnia, salvo poi dichiararla non imputabile per vizio totale di mente; ed aveva rilevato che comunque, anche laddove fosse esistito un conflitto di interessi, tale da giustificare ai sensi dell’attuale art. 56 la mancata richiesta di consenso al padre, comunque l’avvocato si sarebbe dovuto attivare per conto della madre ai fini della nomina ex art. 78 c.p.c. di un curatore speciale del minore che autorizzasse l’ascolto.

Occorre ricordare, peraltro, che se un caso del genere si ripetesse oggi, sotto il vigore dell’attuale codice, il problema della mancanza di consenso del padre affidatario non si porrebbe neppure, perché trattandosi di controversia familiare, concernente la modifica dell’affidamento, la fattispecie sarebbe ricaduta nel divieto assoluto di cui al secondo comma dell’art. 56 del vigente codice, che prevede che l’avvocato del genitore, nelle controversie in materia familiare o minorile, debba astenersi da ogni forma di colloquio e contatto con i figli minori sulle circostanze oggetto delle stesse; e quindi anche qualora ricorra il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale.

A cura di Stefano Valerio Miranda