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giurisprudenza

Sulla facoltà di astensione dal testimoniare riconosciuta all’avvocato (Cass., Sez. I, Ord., 3 dicembre 2020, n. 27703)

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte di Cassazione fa chiarezza sull’operatività della facoltà di astensione che l’art. 249 c.p.c. riconosce all’avvocato che sia chiamato a rendere testimonianza su fatti appresi nell’esercizio di un suo mandato difensivo.
In particolare la Suprema Corte di Cassazione afferma che la facoltà di astensione riconosciuta all’avvocato si inscrive nella tutela del diritto di difesa inteso in senso proprio perché è “destinata a garantire la piena esplicazione del diritto di difesa, consentendo che a un difensore tecnico possano essere resi noti, senza alcuna remora, fatti e circostanze la cui conoscenza è necessaria o utile per l’esercizio di un efficace ministero difensivo”.
La Suprema Corte afferma poi che l’avvocato può avvalersi di tale facoltà riguardo alle conoscenze acquisite in ogni fase dell’attività professionale e di tale facoltà – precisa la Corte – l’avvocato può avvalersi sia nel caso in cui l’attività professionale prestata sia contenziosa sia nel caso in cui non lo sia, come nel caso di specie in cui giustappunto l’attività professionale prestata era stata di tipo stragiudiziale.

A cura di Silvia Ammannati