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giurisprudenza

Sulla falsità in atti dell’avvocato che produce documentazione falsa al giudice (Cass., Sez. V Pen., 14 dicembre 2009, n. 5353)

Con la sentenza in commento, la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso presentato da un avvocato condannato dai giudice del merito per il reato di falso ideologico per induzione del pubblico ufficiale in atto pubblico (artt. 48 e 479 c.p.). Il legale, nell’ambito di procedimento in materia di lavoro, aveva allegato a dei ricorsi, presentati contro la società che aveva licenziato i suoi assistiti, una falsa lettera raccomandata di impugnazione del licenziamento, integrante requisito di ammissibilità dei ricorsi stessi. In tal modo, il giudice del lavoro, indotto in errore sulla sussistenza dei requisiti di ammissibilità, aveva accolto i ricorsi con sentenza.
Il Supremo Collegio – ribadendo la costante giurisprudenza di legittimità sul punto – ha chiarito che nella fattispecie de qua non è ravvisabile il meno grave reato previsto dall’art. 483 c.p. (falsità ideologica del privato in atto pubblico), che prevede l’ipotesi in cui il pubblico ufficiale si limita a trasfondere nell’atto pubblico la dichiarazione ricevuta. Nell’ipotesi di falsità ideologica mediante induzione di autore esterno, invece, la falsa dichiarazione ricevuta viene assunta a presupposto di fatto dell’atto da parte del pubblico ufficiale, di modo che tale dichiarazione va ad integrare uno degli elementi che concorrono alla formazione della falsa attestazione del pubblico ufficiale.
Della formazione della sentenza ideologicamente falsa ne risponde, quindi, in via mediata il legale.

A cura di Graziella Sarno