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giurisprudenza

Sulla illegittimità costituzionale dell’art. 131 del Dpr 30 maggio 2002, n. 115 che esclude dal patrocinio a spese dello Stato i reati di associazione di tipo mafioso (Corte Cost., ord., 5 marzo 2010, n. 88)

Con la sentenza in esame la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 76, comma 4-bis del D.P.R. n. 115/2002, relativo alle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, nella parte in cui, stabilendo che per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati indicati nella stessa norma – reati collegati alle associazioni a delinquere a stampo mafioso, alle associazioni finalizzate al narcotraffico e al contrabbando di tabacchi lavorati esteri – il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, non ammette prova contraria.
La predetta norma, introducendo una presunzione assoluta circa il superamento dei limiti di reddito, tale da essere preclusa al Giudice l’esplicazione di qualsiasi indagine volta ad accertare le effettive condizioni economiche dell’istante, violerebbe i principi di uguaglianza e il diritto di difesa di cui agli artt. 3 e 24 della Carta Costituzionale.
La Corte ha infatti osservato che la norma censurata, che comporta illimitatamente nel tempo l’esclusione dal beneficio non solo in successivi procedimenti penali, ma altresì in eventuali processi civili, amministrativi e tributari, non tiene conto se dai delitti previsti dalla disposizione medesima sia stato effettivamente conseguito profitto, né considera la sensibile differenza tra la posizione ed il reddito dei capi delle associazioni criminali e la cosiddetta manovalanza del crimine, spesso compensata con somme di scarsa entità. Risulterebbe inoltre del tutto irrilevante un eventuale percorso di emancipazione dai vincoli dell’organizzazione criminale, ovvero l’accertato allontanamento del soggetto richiedente dal contesto criminale di maturazione del fatto.
Ad ogni buon conto, l’introduzione costituzionalmente obbligata della prova contraria, non elimina dall’ordinamento la presunzione prevista dal legislatore, che continua pertanto ad implicare un’inversione dell’onere, a carico dell’istante, di documentare la ricorrenza dei presupposti reddituali necessari con adeguate allegazioni, la cui attendibilità sarà posta al vaglio del Giudice, che potrà avvalersi degli strumenti di indagine all’uopo necessari