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giurisprudenza

Sulle notificazioni al pubblico ministero (Corte Cost., 14 aprile 2022, n. 96)

Con la sentenza in commento la Corte Costituzionale dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 153 c.p.p., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, co. 2, e 111 Cost., da un Gup, nella parte in cui tale disposizione non consente alle parti o ai difensori di eseguire le notificazioni al pubblico ministero mediante posta elettronica certificata.
La Corte afferma che è innegabile che dal quadro normativo in essere al momento del deposito dell’ordinanza di rimessione (2018) traspaia un’evidente disparità di trattamento tra le parti del processo penale: al pubblico ministero era infatti consentito in via generale l’uso della PEC per le notificazioni al difensore dell’imputato o indagato, laddove analoga possibilità era preclusa al difensore per le notificazioni al pubblico ministero.
La Corte però ritiene che l’auspicata declaratoria di incostituzionalità si rivela in questo caso una soluzione non adottabile, in quanto la pronuncia di illegittimità costituzionale sarebbe essa stessa foriera di “disarmonie e incongruenze”, non ultimo il fatto che l’innesto nell’art. 153 c.p.p. della possibilità per il difensore di notificare via pec al pubblico ministero necessiterebbe di una “complessa attività di normazione primaria e secondaria volta a creare le condizioni pratiche perché tale facoltà possa essere utilmente esercitata”.
La questione quindi deve essere dichiarata inammissibile in linea con l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui tra le cause dell’inammissibilità della questione di legittimità costituzionale si annoverano i casi in cui l’intervento della Consulta, pur sostanzialmente fondato, richieda “interventi normativi di sistema, implicanti scelte di fondo tra opzioni alternative rientranti tutte nella discrezionalità del legislatore”.

A cura di Silvia Ammannati