Il Consiglio di Stato è chiamato a fare applicazione del novellato art. 13 ter, comma 5, disp. att. c.p.a. in relazione a una fattispecie nella quale l’appellante, prima dell’entrata in vigore della modifica legislativa, aveva superato i limiti dimensionali previsti per l’atto di appello.
A fronte dell’eccezione di inammissibilità sollevata dall’appellato sulla base della normativa vigente prima della modifica, il Consiglio di Stato, dando attuazione al principio affermato dall’Adunanza Plenaria n. 3/2025, cui la questione era stata rimessa proprio nel corso del giudizio in esame, facendo applicazione della norma sopravvenuta ha respinto l’eccezione di inammissibilità e ha condannato l’appellante al pagamento di una sanzione pecuniaria pari a 600 Euro, ritenuta equa tenuto conto che la norma consente di quantificare detta sanzione in misura fino al doppio del contributo unificato dovuto, che nella specie era di Euro 450.
La sanzione è stata comminata sebbene nel merito l’appello sia stato accolto e dunque l’appellante sia risultato vittorioso in quanto, come precisato dal Consiglio di Stato, essa è dovuta indipendentemente dall’esito del gravame, quando, come nella specie, lo sforamento dei limiti dimensionali non trovi alcuna giustificazione (in particolare nella fattispecie il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’appellante non avesse “alcun motivo di riproporre in apertura del proprio ricorso la pletorica e tutto sommato superflua ricostruzione del giudizio di primo grado, che costituisce la causa unica dello sforamento dei limiti dimensionali“).
A cura di Giovanni Taddei Elmi