La pronuncia in commento ha ad oggetto il ricorso presentato da un Avvocato al quale il CNF ha comminato la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per il periodo di 4 anni.
La ricorrente – condannata in sede penale ad anni 1 e mesi tre di reclusione con pena sospesa – era stata incolpata dal CDD competente di avere, nel periodo intercorrente tra l’ottobre 2014 e l’ottobre 2016, fornito alle proprie praticanti sostanza stupefacente, di non aver loro corrisposto alcun compenso, di avere intrattenuto rapporti con i propri clienti consistiti nell’acquisto di sostanza stupefacente e, infine, in data 27.09.2016, di aver svolto la funzione di testimone in un matrimonio simulato e contratto al solo fine di ottenere il permesso di soggiorno, tutte condotte tenute in violazione dei doveri di dignità, probità e decoro.
Ritenuta responsabile dei fatti contestati sia dal CDD che dal CNF e comminata la sanzione della sospensione all’esercizio dell’attività, l’avvocato ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, sostenendo l’intervenuta prescrizione dell’azione disciplinare.
In particolare, i fatti sarebbero compresi tra il 2014 ed il 2016 ed al più si sarebbero consumati fino all’ottobre 2016. Pertanto, al caso di specie, si applicherebbe la disciplina della prescrizione contenuta nella nuova legge professionale 247/2012 che fissa in 7 anni e 6 mesi il termine massimo di prescrizione dell’azione disciplinare.
L’eccezione di prescrizione, ritenuta ammissibile perché rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, è stata ritenuta fondata dalla Corte in quanto con la nuova legge professionale, indipendentemente dagli effetti di eventuali sospensioni o interruzioni, non può essere prolungata per oltre un quarto rispetto al termine di 6 anni previsto dall’art. 56 c. 1 L. 247/2012.
A cura di Sofia Lelmi