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giurisprudenza

Va confermata la decisione di radiazione per il legale che si appropria di somme di pertinenza dei suoi assistiti (Cass., Sez. Un., 30 settembre 2022, n. 28468)

La pronuncia in commento trae origine da una vicenda che vedeva coinvolto un legale contro il quale il COA di appartenenza aveva aperto numerosi procedimenti disciplinari con l’accusa di violazione di principi e doveri deontologici per essersi appropriato di somme affidategli dai suoi clienti senza averle impiegate per le finalità concordate (ovvero per il compimento di operazioni immobiliari) e senza averle mai restituite.

All’esito del dibattimento dinanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina veniva ritenuta provata oltre ogni ragionevole dubbio la contestazione contro il legale e, riconosciuta la gravità degli addebiti e la sussistenza dei requisiti per l’applicazione della sanzione più grave, il CDD comminava al legale la sanzione disciplinare della radiazione.

Il legale impugnava la decisione dinanzi al CNF che però rigettava il ricorso confermando la sanzione della radiazione, ritenendo il Collega non meritevole di appartenere all’ordine forense di cui aveva compromesso la credibilità.

Veniva quindi promosso ricorso in Cassazione dal legale per vari motivi tra cui la violazione delle norme sulla prescrizione in materia di illecito disciplinare per aver il CNF erroneamente applicato il vecchio (e meno favorevole) regime benchè l’incolpazione fosse successiva all’entrata in vigore della legge 247/2012, e la nullità della sentenza per omesso esame dei motivi di impugnazione con cui costui aveva contestato analiticamente gli undici capi d’accusa.

Le Sezioni Unite ritengono in primis infondata la doglianza in tema di prescrizione, rilevando che il nuovo regime più favorevole di cui alla legge 247/2021 si applica solo agli illeciti commessi dopo la sua entrata in vigore, non rilevando invece la data dell’incolpazione.

E nel caso di specie la commissione degli illeciti risaliva a data anteriore al 2012.

Quanto all’asserito omesso esame dei motivi di impugnazione da parte del CNF, la Suprema Corte rileva come nei procedimenti disciplinari non sia consentito al giudice di legittimità sindacare nel merito le valutazioni del giudice disciplinare su accertamento e gravità del fatto contestato, dovendo invece limitarsi ad esprimere un giudizio sulla congruità, adeguatezza e assenza di vizi logici della motivazione.

A giudizio delle Sezioni Unite, la decisione del CNF era motivata in modo dettagliato in riferimento alle varie incolpazioni e tale motivazione era esente da contraddittorietà interna.

Di conseguenza, il ricorso del legale veniva rigettato.

A cura di Corinna Cappelli