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giurisprudenza

Valido l’accordo per compenso a tempo per l’attività stragiudiziale ma la tariffa è oraria e non per frazione (Cass., Sez. II, Ord. 23 febbraio 2022 n. 5892)

Un legale aveva convenuto in giudizio la società sua cliente chiedendo il pagamento del compenso per attività stragiudiziale nell’importo concordato e calcolato applicando la tariffa per ora o frazione di ora di cui alla tabella B del tariffario vigente nel 1994, richiamata nell’accordo con la cliente stessa.

La società si costituiva eccependo la sproporzione tra la somma richiesta e l’attività effettivamente svolta dal legale, per la quale costui era già stato pagato e deducendo altresì la violazione delle tariffe forensi.

Il Tribunale, ritenendo non provato il tempo effettivamente impiegato per lo svolgimento dell’attività, riduceva il compenso del legale applicando peraltro ratione temporis la tabella D del tariffario.

Alla medesima conclusione giungeva la Corte d’Appello adita dal legale, la quale pur considerando ammissibile pattuire il compenso in base alla durata della prestazione, riteneva al contempo non provata la pattuizione della medesima tariffa per le frazioni di ora.

Il legale soccombente proponeva ricorso in cassazione con cinque motivi. Qui sono di interesse il primo ed il terzo, con cui è stata censurata la violazione dell’art. 2233 c.c. per:

– avere il Giudice ignorato l’accordo tra le parti che richiamava espressamente la tabella B del 1994 per quantificare a tempo il compenso con equiparazione di ora e frazione di ora;

– aver il Giudice limitato l’autonomia negoziale delle parti.

La Cassazione ha ritenuto entrami i motivi infondati rilevando che l’accordo tra le parti prevedeva l’applicazione di un onorario a tempo da calcolarsi come da Tabella B. L’art. 10, comma 1, della vigente Tabella relativa alle prestazioni stragiudiziali dispone: “per le prestazioni [di assistenza, n.d.r.] ai sensi e per gli effetti dell’art. 2233 c.c. le parti possono convenire un compenso sostitutivo di quello previsto nella tariffa medesima, commisurato alla durata della prestazione e delle attività accessorie (..) “.

La Corte d’Appello ha ritenuto che, ove le parti avessero inteso convenire un compenso orario, esso non avrebbe potuto che riferirsi all’unità di misura rappresentata dall’ora, e non certo da una sua frazione. Né poteva darsi credito al richiamo alla Tabella B (la quale disponeva che “se le prestazioni di cui ai numeri 56, 57, 59 e 60 richiedono più di un’ora, è dovuto per ogni ora o frazione di ora in più il diritto di vacazione”), riguardando la stessa il processo di esecuzione, e non già l’attività stragiudiziale.

Pertanto, per la Suprema Corte, non c’è violazione dell’art. 2233 c.c. posto che il giudice di merito non aveva applicato la tariffa forense sull’erroneo presupposto che le parti non avessero pattuito i criteri di determinazione del compenso, ma – al contrario – dando per presupposto tale accordo, aveva ritenuto che con esso le parti, nonostante l’erroneo richiamo della Tabella B, avessero inteso riferirsi alla Tabella D, sicché l’applicazione di quest’ultima, lungi dall’obliterarlo, rappresentava proprio l’effetto di tale accordo.

Pertanto, seppur l’accordo relativo al compenso orario applicando la tariffa vigente ad ore sia legittimo, laddove manchi esplicita previsione non è possibile stendere l’accordo anche alle prestazioni effettuate a frazioni di ora.

 

A cura di Corinna Cappelli