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parere

Avvocato. Assunzione di incarico contro una parte già assistita.

È stata formulata una richiesta di parere sulla possibilità a favore dell’avvocato di  mantenere l’incarico di rappresentanza e difesa di una parte in seguito al fallimento di una separazione consensuale in cui erano assistiti entrambi i coniugi.

La richiesta di parere riguarda  l’art 68  del Codice Deontologico Forense  che recita:

1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.

2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.

3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.

4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.

5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.

6. La violazione dei divieti di cui al comma 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.

Infatti, il difensore che abbia svolto attività di assistenza, anche soltanto formale, a favore di entrambi i coniugi nel procedimento di separazione è considerato difensore di entrambi i coniugi anche in assenza di una prova del conferimento formale dell’incarico. L’assistenza, anche solo formale, a favore di entrambi i coniugi nel corso del giudizio di separazione è sufficiente per far scattare il divieto già sancito dall’art. 51, primo canone, del codice deontologico forense del 17 aprile 1997, divieto ora ripresto dall’art. 68, quarto comma, del codice deontologico forense attualmente vigente.

Sul punto era già intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 10 gennaio 2006, anche se la  fattispecie in esame è leggermente diversa da quella esaminata dalla Corte stessa.  In quel caso, si trattava infatti di due coniugi, separatisi consensualmente con l’assistenza di un solo difensore, dei quali uno solo, a seguito di un disaccordo intervenutio successivamente alla separazione, si rivolse all’avvocato che li aveva assistiti in fase di separazione per farsi tutelare.

E’ da ritenere però che il quesito esaminato e l’interpretazione data dal CNF  prima e dalla Suprema Corte poi, possa essere estesa al presente quesito, in quanto il medesimo ha ad oggetto essenzialmente la definizione della nozione di “assistenza congiunta”, rilevante ai fini del divieto di cui all’art. 68 CDF. In particolare, il problema riguarda la configurabilità di tale attività di assistenza che , nel caso di specie  le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno trattato, in via meramente incidentale, svolgendo  alcune interessanti considerazioni in merito al divieto sancito dalla norma deontologica e aderendo all’interpretazione fornita dal Consiglio Nazionale Forense. Il divieto prevede un obbligo assoluto di astensione, fondato sull’esigenza di garantire la massima tutela possibile degli alti interessi in gioco nella materia del diritto di famiglia. La disposizione contenuta nella norma, ha carattere speciale rispetto alla disciplina generale in tema di conflitto di interessi che, nel caso di controversie in materia di diritto di famiglia, appare ancora più delicata.  Infatti nel corso del mandato l’avvocato  ha sicuramente incontrato e ascoltato entrambi i coniugi, venendo così  a conoscenza di fatti e circostanze all’interno della riservatezza che contraddistingue il rapporto cliente avvocato.

Pertanto si ritiene che non sia opportuno che l’avvocato mantenga l’incarico di rappresentanza e difesa di uno dei coniugi contro l’altro, ormai ex cliente, anche se finalizzato al raggiungimento di un accordo consensuale.