Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: circa la possibilità di agire in giudizio contro un ex cliente

Fatto e quesito

Un avvocato ha sottoposto a questo Consiglio la seguente questione: se avendo l’avvocato perorato gli interessi di un cliente può successivamente agire giudizialmente contro di lui per altri procedimenti dietro espressa autorizzazione del cliente medesimo. Inoltre chiede se trattandosi di più procedimenti debba ottenere ogni volta l’ autorizzazione ad agire.

Risposta al quesito

L’art. 68 del codice deontologico forense (“c.d.f.”), stabilisce che:

“1. L’avvocato può assumere un incarico professionale contro una parte già assistita solo quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale.

2. L’avvocato non deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita quando l’oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza.

3. In ogni caso, è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito.

4. L’avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi.

5. L’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.

6. La violazione dei divieti di cui al comma 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi. La violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.”.

Come risulta dalla norma, l’avvocato può assumere un mandato contro un ex cliente solo qualora siano trascorsi almeno due anni dalla cessazione dell’incarico.

Con espresso riferimento all’ipotesi di autorizzazione dell’ex cliente, recentemente, con sentenza n. 142 del 17 luglio 2021, il CNF ha stabilito che: “il precetto deontologico di cui all’art. 68 cdf (già art. 51 codice previgente) non consente all’avvocato di assumere incarichi contro ex clienti, a meno che sia decorso un ragionevole periodo di tempo, l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato in precedenza e non vi sia possibilità, per il professionista, di utilizzare notizie precedentemente acquisite. Tuttavia, pur quando non ricorrano nella fattispecie tutte le condizioni innanzi richiamate, il rigido tenore della predetta norma può ritenersi superato allorché il soggetto – alla cui tutela la norma è in parte orientata -, autorizzando espressamente il professionista a non tener conto del divieto, lo libera dal vincolo deontologico impostogli dal precetto”  (in senso conforme CNF sentenza n. 123 del 16 ottobre 2018).

Si deve pertanto ritenere che anche in mancanza delle condizioni che, ai sensi dell’art. 68 cdf, consentirebbero all’avvocato di agire contro l’ex cliente, qualora vi sia l’autorizzazione espressa del cliente il cui interesse la norma deontologica intende tutelare, l’avvocato possa agire contro l’ex cliente. Si ritiene che l’autorizzazione debba specificare espressamente i procedimenti per i quali l’avvocato può essere liberato dai vincoli deontologici.

Il COA ritiene tuttavia di consigliare cautela nell’assunzione di un incarico contro l’ex cliente qualora non siano integrati i requisiti richiesti dalla norma poiché la decisione, qualora fosse relativa a una controversia di natura familiare, non esonererebbe comunque l’avvocato dai divieti di cui ai commi 2 e 3 dello stesso articolo 68 cdf anche qualora vi fosse l’autorizzazione espressa del cliente.

Ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.