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parere

Avvocato. Conflitto di interessi rilevante ai sensi dell’art 24 del Codice Deontologico.

È stata formulata richiesta di parere sulla sussistenza o meno di un conflitto di interessi, rilevante ex art. 24 del Codice Deontologico Forense, nel caso in cui un avvocato assuma la difesa di una parte la cui controparte sia assistita da un avvocato legato sentimentalmente ad un collega di studio del primo. In particolare, nel quesito si pone la questione se siano o meno applicabili al caso di specie i precedenti risultanti dalla giurisprudenza del Consiglio Nazionale Forense a proposito del conflitto di interessi, anche solo potenziale, sancito nell’ipotesi in cui due parti, contrapposte tra di loro, siano assistite ciascuna da due avvocati coniugi.
Si ritiene che nel caso segnalato non sussista allo stato alcun conflitto di interessi.
Infatti, lo stato di coniugio, che risulta da pubblici registri anagrafici, non può essere messo sullo stesso piano del mero legame sentimentale, ovviamente per quanto riguarda la conoscibilità di detto stato da parte dei terzi. In altre parole, mentre l'essere coniugato è un dato pubblico e facilmente accessibile, l'essere legato sentimentalmente ad altri non lo è, al di là della stabilità o meno del legame medesimo.
Quindi, è ben possibile che l'avvocato che assume il mandato di una parte sia ignaro che un componente del suo studio sia legato sentimentalmente con il Collega che assiste la controparte, a meno che detto legame non sia reso pubblico mediante la coabitazione, cosa questa che però non emerge dalla richiesta di parere.
Pertanto, il solo fatto dell'esistenza del legame sentimentale suddetto, non accompagnato da altri elementi, non può integrare di per sé un conflitto di interessi a carico di un avvocato che abbia assunto la difesa di un cliente la cui controparte sia un collega con il legame medesimo, tanto da ritenere integrato un illecito deontologico.
In assenza, infatti, di altri elementi e soprattutto di segni esteriori, si finirebbe per trasformare l'illecito ex art. 24 del Codice Deontologico Forense in una sorta di responsabilità oggettiva, in aperto contrasto con il principio della volontarietà dell'azione sancito dall'art. 4 del Codice medesimo.