1. Quesito
E’ stato formulato al Consiglio il seguente quesito.
Un’ Avvocata ha chiesto quando possa depositare in Tribunale la rinuncia al mandato difensivo, nel caso in cui la comunicazione di rinuncia sia stata inviata al cliente tramite “raccomandata 1”, ma il plico sia rimasto in giacenza senza ritiro da parte del destinatario.
La Collega fa presente che la rinuncia si è resa necessaria a causa del protratto inadempimento del cliente rispetto alla rateizzazione concordata degli onorari, nonché per il generale disinteresse dimostrato nei confronti della propria causa.
Precisa inoltre che la comunicazione è stata inviata anche via WhatsApp ed email ordinaria, senza tuttavia ottenere prova certa di ricezione o lettura, poiché il cliente ha disattivato le conferme di lettura (“spunte blu”) e l’email ordinaria non garantisce prova di consegna.
Evidenzia infine l’urgenza di procedere al deposito della rinuncia il prima possibile, per permettere al Tribunale di nominare tempestivamente un difensore d’ufficio, che abbia il tempo necessario per esaminare adeguatamente la causa prima dell’udienza di discussione già fissata.
2. Norme rilevanti e giurisprudenza
Deve essere richiamato l’art. 32 del Codice deontologico forense (c.d.f.) il quale stabilisce che:
“1. L’avvocato ha la facoltà di recedere dal mandato, con le cautele necessarie per evitare pregiudizi alla parte assistita.
2. In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte assistita un congruo preavviso e deve informarla di quanto necessario per non pregiudicarne la difesa.
3. In ipotesi di irreperibilità della parte assistita, l’avvocato deve comunicare alla stessa la rinuncia al mandato con lettera raccomandata all’indirizzo anagrafico o all’ultimo domicilio conosciuto o a mezzo P.E.C.; con l’adempimento di tale formalità, fermi restando gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra attività, indipendentemente dall’effettiva ricezione della rinuncia.
4. L’avvocato, dopo la rinuncia al mandato, nel rispetto degli obblighi di legge, non è responsabile per la mancata successiva assistenza, qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore.
5. L’avvocato deve comunque informare la parte assistita delle comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli.
6. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura”.
Sul punto giova evidenziare quanto statuito dal CNF:
“Al pari della revoca da parte del cliente, la rinuncia al mandato da parte dell’avvocato non produce effetto immediato: in capo al difensore permangono, in via esemplificativa, l’elezione di domicilio e l’obbligo di informare l'(ex) assistito di eventuali notifiche e comunicazioni ricevute, fino a quando non intervenga un nuovo difensore o sia decorso l’eventuale termine a difesa, sicché non è corretto disinteressarsi dell’assistito prima che ciò si verifichi” (così CNF, sentenza n. 127 del 16 giugno 2023; sentenza n. 237 del 4 dicembre 2020);
E ancora: “In ossequio ai principi di correttezza, diligenza e lealtà, la rinuncia al mandato deve essere comunicata con un congruo preavviso all’assistito, al fine di consentirgli la sostituzione del difensore senza pregiudizio (Nel caso di specie, l’incolpato aveva rinunciato al mandato solo pochi giorni prima dell’udienza, della quale il professionista si era poi disinteressato)”, così CNF, sentenza n. 64 del 29 luglio 2019;
“L’avvocato che rinunci al mandato, fino a che non sia avvenuta la sostituzione del difensore deve comunque informare la parte assistita delle comunicazioni e notificazioni che dovessero pervenirgli relativamente al precedente incarico, al fine di evitare pregiudizi alla difesa (art. 32 ncdf, già art. 47 codice previgente). Tali principi sono validi anche per la revoca del mandato, quanto meno sotto il profilo della violazione dei doveri di correttezza e di diligenza (artt. 9 e 12 ncdf, già artt. 6 e 8 codice previgente)” (così CNF, sentenza n. 7 del 26 marzo 2019 e, nello stesso senso Cass. SS.UU. sentenza n. 2755 del 30.01.2019).
“La rinuncia al mandato difensivo non produce effetto nei confronti della (sola) altra parte, sino al momento della sostituzione del precedente difensore, ma non nei confronti del patrocinato, sicché permangono, in via esemplificativa, l’elezione di domicilio e l’obbligo di informare l'(ex) assistito di eventuali notifiche e comunicazioni ricevute, ma non quello di provvedere al deposito di scritti defensionali o di partecipare ad udienze successive, ed è comunque esclusa la responsabilità in capo all’avvocato, per la mancata successiva assistenza, allorché sia trascorso un lasso di tempo ragionevole tra la comunicazione della rinuncia al mandato e il termine per il compimento dell’attività (art. 32 cdf, già art. 47 codice previgente” (CNF, sentenza del 29 novembre 2018, n. 164).
3. Conclusioni
Il professionista, dunque, fino alla nomina del nuovo difensore mantiene nei confronti della controparte lo ius postulandi passivo e, in virtù di ciò è tenuto a informare l’ex cliente circa le comunicazioni e le notificazioni che dovessero (ancora) pervenirgli. Il rapporto che legava cliente e avvocato viene tuttavia definitivamente meno con la rinuncia al mandato da parte del professionista che non è, quindi, più tenuto alla redazione di memorie o altri scritti o attività difensive necessarie per il processo.
Qualora la rinuncia intervenga in prossimità di un adempimento processuale i cui termini non consentirebbero all’eventuale sostituto di attivarsi tempestivamente per adempiere, si deve ritenere che, in virtù dei doveri professionali che lo obbligano a tutelare gli interessi della persona assistita, costituisca adempimento corretto e diligente per l’avvocato quello di provvedere anche in merito agli atti contemplati dalla scadenza processuale in maniera adeguata e idonea a non danneggiare la difesa del cliente [“In ossequio ai principi di correttezza, diligenza e lealtà, la rinuncia al mandato deve essere comunicata con un congruo preavviso all’assistito, al fine di consentirgli la sostituzione del difensore senza pregiudizio (Nel caso di specie, l’incolpato aveva rinunciato al mandato solo pochi giorni prima dell’udienza, della quale il professionista si era poi disinteressato)”. Così CNF, sentenza n. 64 del 29 luglio 2019].
Qualora, come nel caso concreto, l’avvocato non possa fornire la prova della conoscenza da parte del cliente della rinuncia al mandato, la rinuncia potrà dirsi perfezionata quando vi sarà la prova del ritiro della raccomandata da parte del cliente o quando sarà trascorso il termine di compiuta giacenza della raccomandata inviata dall’avvocato secondo le norme che regolano la materia.
Stante l’indicata vicinanza della prossima scadenza processuale, può essere opportuno che l’avvocato si rechi direttamente all’udienza per dichiarare al giudice la rinuncia al mandato.
Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:
– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;
– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;
– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.