Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato. Dovere di astensione ex art 24 del Codice Deontologico.

È stato richiesto al Consiglio di esprimere un parere se sia o meno conforme al dovere di astensione previsto dall’art. 24 del Codice Deontologico Forense accettare l’incarico da una parte, convenuta in un giudizio civile, che potrebbe avere la necessità di chiamare in causa un terzo già cliente del medesimo studio nel quale operi l’avvocato e della medesima associazione professionale con cui lo stesso legale collabori.
Per rispondere a tale quesito, occorre preliminarmente osservare che l’art. 24 del Codice Deontologico Forense disciplina il dovere di astensione per conflitto di interessi dell’avvocato ed estende chiaramente, al quinto comma, detto dovere a tutti coloro che operino professionalmente negli stessi locali, anche se non legati da vincolo associativo o societario.
Queste disposizioni, prima trasfuse nell’art. 37 del precedente Codice Deontologico Forense sono state interpretate nel senso che l’obbligo di astensione riguarda tutti gli avvocati che esercitano negli stessi locali e ciò è giustificato dal fatto che vada protetta e preservata non solo l’indipendenza effettiva dell’avvocato, ma anche la sua apparenza. Sotto quest’ultimo profilo, il conflitto d’interessi, quindi, può anche essere solo potenziale. In altri termini, la norma deontologica mira a prevenire anche una sola situazione di pericolo “… per il rapporto fiduciario con il cliente, suscitando stato di disagio e comprensibile diffidenza, che si ripercuote negativamente sull’immagine stessa della professione” (cfr. CNF – sentenza 30.12.2013, n. 222).
Inoltre, è stato osservato come la norma deontologica, oltre ai suddetti valori, tuteli non solo l’essere, ma anche l’apparire indipendente agli occhi della collettività. Si tratta allora di un dovere assoluto che non è derogabile neppure con il consenso del cliente, proprio perché mira a tutelare valori che travalicano la singola vicenda concreta (cfr. CNF – sentenza 30.09.2013, n. 165; conf. CNF – 20.04.2011, n. 48; CNF 25.10.2010, n. 142, CNF 19.10.2010, n. 84, CNF 09.06.2008, n. 59).
È allora evidente che, nel caso di specie, l’accettazione dell’incarico da parte del cliente che poi chieda o debba chiamare in causa un terzo, già cliente di un avvocato esercente la professione nei medesimi locali, non sia possibile, perché viola il dovere di astensione previsto dall’art. 24 del Codice Deontologico Forense.