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parere

Avvocato. Impossibilità di procedere all’inserzione del proprio nominativo e dei propri dati in un sito web di terzi con relativo sconto per i soggetti convenzionati.

E’ stato chiesto se un avvocato possa inserire nel sito internet di una determinata azienda, titolare di un circuito a cui si accede tramite apposita convenzione e il cui scopo è quello di fornire ai propri convenzionati beni e servizi a prezzi scontati, il proprio nominativo con la propria qualifica, nonché con l’indicazione di tutti i dati del proprio studio (indirizzo, telefono, fax, e-mail) e con l’assicurazione che avrebbe applicato uno sconto ai soggetti convenzionati che fossero divenuti suoi clienti sulle tariffe delle proprie prestazioni professionali
Il Consiglio dell’Ordine ha precisato che l’art. l’art. 17/bis del Codice Deontologico Forense, nel prevedere che un avvocato possa dare informazione sulla propria attività professionale indicando, tra l’altro, l’indirizzo, i numeri telefonici, il fax e l’e-mail nonché il Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto, stabilisce anche che l’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e direttamente riconducibili al proprio studio (o allo studio legale associato o alla società professionale a cui partecipi), previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui si è espresso.
Ne consegue che non è consentito ad un avvocato di procedere all’inserzione del proprio nominativo e dei propri dati in un sito web di terzi, chiunque sia il titolare del sito e qualunque sia il contenuto dell’inserzione riferibile all’avvocato.
Tale divieto sussiste, quindi, anche a prescindere dalla menzione, o meno, nell’inserzione stessa dello sconto sulle tariffe professionali che l’avvocato praticherebbe ai convenzionati in relazione alle proprie prestazioni professionali, fermo restando che si tratta di un messaggio che, se pur astrattamente ammissibile dopo l’entrata in vigore delle disposizioni del D.L. n. 23/2006, convertito in Legge n. 248/2006, che consentono agli avvocati di non rispettare i minimi degli onorari previsti dalle tariffe professionali e di promuovere la propria attività, deve, comunque, rispettare non solo il dovere di lealtà e correttezza, ragione per cui occorre che sia espresso pure in modo chiaro e verificabile ex post quanto alla sua concreta applicazione, con particolare riferimento alle diverse articolazioni della tariffa forense che potrebbero lasciare un ampio margine di discrezione circa la concreta applicazione della tariffa stessa e, quindi, circa la concreta applicazione dello sconto promesso, ma anche quello di dignità e di decoro della professione che presuppone che il contenuto del messaggio e/o l’effettivo oggetto del rapporto posto in essere dall’avvocato non equipari l’avvocato medesimo ad un mero commerciante e le sue prestazioni professionali a pura e semplice merce.
Quest’ultimo aspetto, nel caso di specie, assume un particolare rilievo, a prescindere dalle modalità di pubblicizzazione delle prestazioni professionali dell’avvocato, per il fatto che le prestazioni stesse verrebbero effettuate nell’ambito di un’iniziativa che apparirebbe di natura commerciale, nella quale l’azienda che gestisce il circuito consegue dall’avvocato interessato ad essere inserito nel circuito stesso un corrispettivo annuale (denominato “abbonamento”), il che, in buona sostanza, comporta che, grazie al versamento di tale “abbonamento”, l’avvocato medesimo accede ad una rete di potenziali clienti e, quindi, paga un corrispettivo per conseguire detta opportunità.
La natura commerciale dell’iniziativa emerge anche dalla circostanza che dal sito web dedicato all’iniziativa medesima risulterebbe che, se pur formalmente riservata agli appartenenti alle forze dell’ordine, in realtà la suddetta iniziativa è accessibile da chiunque, perché per divenire convenzionati – e, dunque, anche potenziali clienti dei servizi “scontati” dell’avvocato – è sufficiente abbonarsi ad una rivista pubblicata dalla Società che gestisce l’iniziativa stessa, il che, in buona sostanza, si traduce nel fatto che chiunque, pagando un corrispettivo sotto la forma di un abbonamento a tale rivista, acquisisce la possibilità di ottenere lo sconto da parte dell’avvocato, sconto che, quindi, potrebbe ritenersi integrare una delle controprestazioni di quel corrispettivo versato dal convenzionato, ma, se così fosse, la partecipazione dell’avvocato all’iniziativa in questione potrebbe costituire una violazione del disposto dell’art. 19 del Codice Deontologico Forense.