Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

parere

Avvocato: la dicitura “legale esperto in materia di …” viola gli artt.17 e 35 c.d.f. in quanto autocelebrativa, suggestiva ed in alcun modo verificabile da parte della clientela con potenziali effetti ingannevoli nei confronti della medesima; la dicitura corretta è “legale specialista” a condizione che ricorrano i requisiti di cui all’art. 9 L. 247/2012

È stato richiesto parere riguardo alla possibilità di inserire nel sito di un ordine professionale una comunicazione relativa all’esistenza di una convenzione legale e di mediazione familiare del seguente tenore:

L’Ordine X ha stipulato una convenzione legale per i propri iscritti. Il Legale di riferimento, esperto in materia di diritto civile, esecuzioni immobiliari e diritto di famiglia offrirà una prima consulenza informativa gratuita e poi uno sconto pari al 15% sulle tariffe medie come indicate nel DM 55/2014 e successive modifiche.

L’Ordine X ha stipulato una convenzione con una mediatrice familiare esperta anche in mediazione sanitaria, scolastica e aziendale a favore dei propri iscritti. La mediatrice convenzionata applicherà un sconto pari al 20% sulla tariffa oraria standard che sarebbe e 125,00.

Quadro normativo di riferimento:

Il codice deontologico forense (“c.d.f.”) prevede:

all’art. 17 – Informazione sull’esercizio dell’attività professionale

1. È consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti.

2. Le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative.

3. In ogni caso le informazioni offerte devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.

all’art. 35- Dovere di corretta informazione

1. L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.

2. L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti né equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale.

3. L’avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l’Ordine di appartenenza.

4. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegnamento.

5. L’iscritto nel registro dei praticanti può usare esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione.

6. Non è consentita l’indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell’avvocato.

7. L’avvocato non può utilizzare nell’informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi.

8. Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano.

9. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione.

10. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura

all’ art. 37 – Divieto di accaparramento di clientela

1. L’avvocato non deve acquisire rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi a correttezza e decoro.

2. L’avvocato non deve offrire o corrispondere a colleghi o a terzi provvigioni o altri compensi quale corrispettivo per la presentazione di un cliente o per l’ottenimento di incarichi professionali.

3. Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese o incarichi.

4. E’ vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

5. E’ altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno specifico affare.

6. La violazione dei doveri di cui ai commi precedenti comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

La Legge professionale forense (L. 247\2012) prevede all’art. 9 – Specializzazioni:

1. È riconosciuta agli avvocati la possibilità di ottenere e indicare il titolo di specialista secondo modalità che sono stabilite, nel rispetto delle previsioni del presente articolo, con regolamento adottato dal Ministro della giustizia previo parere del CNF, ai sensi dell’articolo 1.

2. Il titolo di specialista si può conseguire all’esito positivo di percorsi formativi almeno biennali o per comprovata esperienza nel settore di specializzazione.

3. I percorsi formativi, le cui modalità di svolgimento sono stabilite dal regolamento di cui al comma 1, sono organizzati presso le facoltà di giurisprudenza, con le quali il CNF e i consigli degli ordini territoriali possono stipulare convenzioni per corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista. All’attuazione del presente comma le università provvedono nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

4. Il conseguimento del titolo di specialista per comprovata esperienza professionale maturata nel settore oggetto di specializzazione è riservato agli avvocati che abbiano maturato un’anzianità di iscrizione all’albo degli avvocati, ininterrottamente e senza sospensioni, di almeno otto anni e che dimostrino di avere esercitato in modo assiduo, prevalente e continuativo attività professionale in uno dei settori di specializzazione negli ultimi cinque anni.

5. L’attribuzione del titolo di specialista sulla base della valutazione della partecipazione ai corsi relativi ai percorsi formativi nonché dei titoli ai fini della valutazione della comprovata esperienza professionale spetta in via esclusiva al CNF. Il regolamento di cui al comma 1 stabilisce i parametri e i criteri sulla base dei quali valutare l’esercizio assiduo, prevalente e continuativo di attività professionale in uno dei settori di specializzazione.

6. Il titolo di specialista può essere revocato esclusivamente dal CNF nei casi previsti dal regolamento di cui al comma 1.

7. Il conseguimento del titolo di specialista non comporta riserva di attività professionale.

8. Gli avvocati docenti universitari di ruolo in materie giuridiche e coloro che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano conseguito titoli specialistici universitari possono indicare il relativo titolo con le opportune specificazioni.

Risposta al quesito.

Nel caso in esame viene fatto riferimento ad un Legale (n.d.r. sottolineato aggiunto) “.. esperto in materia di diritto civile, esecuzioni immobiliari e diritto di famiglia…”

Si ritiene che l’aggettivo “esperto” costituisca violazione degli articoli 17 e 35 c.d.f. in quanto autocelebrativo, suggestivo e in alcun modo verificabile da parte della clientela (mancando, fra l’altro, anche il nome del Legale), con potenziali effetti ingannevoli nei confronti della medesima, tenuto conto anche dell’ampio raggio di materie in cui si afferma essere esperto il professionista.

Giova ricordare che la normativa non contempla la qualifica di esperto (perché termine contenente una innegabile componente valutativa non riscontrabile oggettivamente) ma il titolo di “Specialista” per fregiarsi del quale, però, devono ricorrere i presupposti previsti dall’art. 9 della Legge 247\2012.

Al di fuori dell’ambito previsto dall’art. 9 cit. è consentito al professionista indicare le materie di attività prevalente (per riferimenti giurisprudenziali v. nota[1]).

Non vi è luogo per esaminare la comunicazione avente ad oggetto la convenzione con la mediatrice familiare, non essendoci elemento alcuno che riconduca detta figura a quella di un avvocato (valendo anche in questo caso, comunque, nel caso di avvocato mediatore familiare, le censure testé riportate parlando la comunicazione di mediatrice “esperta”).

Quanto riportato al paragrafi 3 e 4 ha carattere assorbente rispetto al residuo contenuto della comunicazione, in riferimento alla quale si riportano comunque alcune brevi osservazioni.

E’ da ritenere aderente ai dettami deontologici la specifica che il primo incontro gratuito è solo informativo e l’indicazione analitica della percentuale di sconto applicata, nonché il riferimento alle tariffe medie di cui al DM 55/2014.

Quanto infine alle modalità e luoghi in cui si dovrebbe svolgere il primo incontro informativo, in assenza di indicazioni specifiche non si può che rinviare al chiaro e puntuale dettato dell’art. 37 del c.d.f.

Conclusioni.

Per i motivi sopra esposti si deve ritenere che dal quesito posto emerge un solo profilo di violazione degli articoli 17, 35 e 37 del c.d.f. nella parte in cui si rinvia ad un Legale esperto in determinate materie.

* * *

Ciò detto circa il quesito, ci corre infine l’obbligo di precisare che:

– con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense “il potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine;

– ne consegue che i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono da questo rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere, in eventuali procedimenti disciplinari, alcuna funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quali esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo;

– pertanto, è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella sua autonoma valutazione di comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio.


[1] L’avvocato può indicare i settori di esercizio dell’attività̀ professionale e, nell’ambito di questi, eventuali materie di attività̀ prevalente, ma l’affermazione di una propria “specializzazione” presuppone l’ottenimento del relativo diploma conseguito presso un istituto universitario (Nel caso di specie, in una pagina del proprio sito web, il professionista si definiva “specialista assoluto”, enfatizzando altresì le proprie doti professionali, implicitamente negate alla parte restante della categoria professionale). Cfr. Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 29 aprile 2017, n. 49.

L’informazione sull’attività professionale, ai sensi degli artt. 17 e 35 codice deontologico (già artt. 17 e 17 bis codice previgente), deve essere rispettosa della dignità e del decoro professionale e quindi di tipo semplicemente conoscitivo, potendo il professionista provvedere alla sola indicazione delle attività prevalenti o del proprio curriculum, ma non deve essere mai né comparativa né autocelebrativa (Nel caso di specie, il professionista pubblicava nel proprio sito internet un annuncio nel quale prometteva prestazioni professionali “senza anticipi, senza spese, senza rischi” e di definizione “entro 240 giorni invece di attendere i soliti 4-5-6 anni!”, normalmente occorrenti agli altri avvocati. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura). (cfr. Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 23 del 23 aprile 2019).

Il codice deontologico, anche a seguito della entrata in vigore delle norme che prevedono la possibilità di dare informazioni sull’attività professionale, non consente una pubblicità indiscriminata ed elogiativa, intrinsecamente comparativa in quanto diretta a porre in evidenza caratteri di primazia in seno alla categoria, perché incompatibile con la dignità e il decoro della professione e, soprattutto, a tutela dell’affidamento della collettività (Nel caso di specie, l’avvocato aveva pubblicizzato nel quotidiano cittadino ed in alcuni manifesti murali informazioni sulla propria attività professionale, affermando che il suo studio legale si occupava di infortunistica stradale “seriamente”, senza “spese di istruttoria” e con “totale supporto in ogni fase del procedimento”, lasciando così intendere un quid pluris rispetto agli obblighi invece connaturati al corretto esercizio della professione forense) (cfr. Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 18 dicembre 2017, n. 208).