E’ stato chiesto se sussista un’incompatibilità per uno stesso avvocato ad assistere entrambi i convenuti in un giudizio civile per la corresponsione degli alimenti ex art. 433 Cod. Civ. promosso dalla madre di un minore contro il padre del marito, ovverosia contro il nonno del minore, sul presupposto del mancato adempimento da parte del marito all’obbligo di mantenimento disposto a suo carico e a favore del figlio minore nelle condizioni della separazione consensuale dei coniugi.
Il Consiglio dell’Ordine ha rilevato che la richiesta di parere in questione sembra attenere non tanto a profili di natura deontologica, quanto piuttosto a profili di natura processuale, in quanto l’eventuale incompatibilità, rectius l’eventuale sussistenza di un conflitto di interessi tra le posizioni dei due convenuti potrebbe determinare la nullità del mandato alla lite conferito dagli stessi ad un unico avvocato con un unico mandato, si osserva che nel caso di specie la domanda dell’attrice è proposta esclusivamente nei confronti del nonno, anche perché nei confronti del marito costituirebbe un’inammissibile violazione del principio ne bis in idem, visto che il marito stesso è già obbligato in forza delle disposizione della separazione.
Inoltre, sotto il profilo deontologico, le disposizioni di cui all’articolo 37 del Codice Deontologico Forense, in forza del quale l’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di un altro incarico, sono poste chiaramente a tutela degli interessi dei clienti, come dimostrato nel fatto che tale articolo è inserito nel Titolo III di detto Codice concernente i rapporti con la parte assistita e, dunque, è difficile che possa configurarsi una violazione delle prescrizioni disposte dall’articolo stesso ove vi sia il consenso di entrambi i clienti diretti interessati, tanto più che ai fini disciplinari si ritiene che sia necessaria la concreta attualità del conflitto (cfr. Trib. Milano, Sez. V, 24 Ottobre 2006, n. 11543).
Per quanto riguarda, invece, l’aspetto processualistico, il cui esame, in linea di principio esulerebbe dalle competenze di questo Consiglio, in quanto ogni eventuale determinazione al riguardo è riservata ovviamente (solo) al Giudice della causa, ma che può avere riflessi anche sull’aspetto deontologico qualora per una condotta errata dell’avvocato, che possa aver determinato la nullità del mandato alle liti, i clienti debbano subirne un pregiudizio, si può osservare che, secondo un orientamento giurisprudenziale, affinché si determini la nullità del mandato conferito ad unico difensore con un unico mandato nonché l’invalidità degli atti conseguenti è sufficiente la sussistenza di un conflitto di interessi attuale o anche solo virtuale tra i clienti assistiti dallo stesso difensore cfr. Sent. Cass. Civ., Sez. II, 4 Novembre 2005, n. 21350; Sent. Cass. Civ., Sez. III, 10 Maggio 2004, n. 8842).
Peraltro, il conflitto di interessi, se pur può essere anche solo virtuale e/o potenziale, deve essere, comunque, tale da non costituire una mera eventualità ed essere valutato, invece, in correlazione stretta con il rapporto esistente tra le parti, i cui interessi risultino suscettibili di contrapposizione (cfr. Sent. Cass. Civ., Sez. II, 14 Giugno 2005, n. 12741; Sent. Cass. Civ., Sez. III, 10 Maggio 2004, n. 8842).
In altri termini i principi enunciati dalla sopra ricordata giurisprudenza sono diretti a salvaguardare il diritto di difesa e, per questo motivo, ritengono che costituisca un limite intrinseco al conferimento della procura da parte di più soggetti a un medesimo difensore l’impossibilità per quest’ultimo di svolgere allegazioni, richieste e deduzioni nei reciproci rapporti tra detti soggetti, a favore di taluno e contro altri; così come ritengono che la violazione di tale limite intrinseco sia rilevabile d’ufficio dal Giudice, atteso che essa investe il diritto di difesa e il principio del contraddittorio, valori costituzionalmente tutelati.
Nel caso di specie, la domanda dell’attrice, anche se quest’ultima ha convenuto in giudizio anche il marito, che è il padre del figlio minore, è stata proposta solo nei confronti del nonno del minore, ragione per cui, alla luce anche delle eccezioni e delle richieste formulate dal difensore dei convenuti che non manifestano posizioni tra essi configgenti, nell’ambito del giudizio in questione non può esservi nemmeno luogo ad una contrapposizione tra gli interessi dei convenuti medesimi.
Evidentemente l’attrice ha sollevato il problema della presunta incompatibilità nell’assunzione da parte di un unico difensore del mandato da parte di entrambi i convenuti per il fatto che l’asserita obbligazione alimentare del nonno deriva dall’inadempimento del padre al suo obbligo di contribuire al mantenimento del figlio, ma ciò rimane circoscritto all’elemento meramente fattuale, in quanto le difese dei convenuti in alcun modo riguardano tale aspetto e si fondano sulla contestazione, ciascuno per la propria posizione, dei presupposti per la sussistenza del loro obbligo alimentare, fermo restando che in realtà il giudizio in questione ha per oggetto esclusivamente la richiesta di condanna del nonno.
Del resto, l’obbligazione alimentare ex art. 433 Cod. Civ. è caratterizzata dal fatto di prevedere un ordine nei soggetti obbligati e di essere collegata alla capacità economica di ciascuno dei soggetti obbligati medesimi, con l’esclusione, quindi, di un principio di ripartizione paritaria tra più obbligati o di solidarietà (a parte il fatto che la giurisprudenza ritiene ammissibile che un unico difensore assista più debitori solidali qualora non vengano sollevate questioni nei rapporti tra gli stessi), ragione per cui potrebbe essere arduo anche ipotizzare un’azione di rivalsa e/o di regresso tra i due convenuti, fermo restando che si tratterebbe di azioni che un soggetto è libero di azionare o di non azionare, a sua discrezione, e che nessuna azione di tale natura risulta, comunque, essere stata proposta nel caso di specie relativamente al rapporto tra i due convenuti.
Poiché la sopra richiamata giurisprudenza in tema di conflitto di interessi è finalizzata, come sopra rilevato, alla salvaguardia del diritto di difesa (dei due convenuti), non ci sembra, obiettivamente, che in una fattispecie quale quella in esame, sussista una situazione di conflitto di interessi nel senso richiesto dalla giurisprudenza stessa affinché possa essere ritenuto invalido il mandato alla lite.
parere