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parere

Avvocato. Possibilità di ricoprire la carica di Consigliere del Consiglio di Amministrazione di una Banca purché sia privato dei poteri gestori.

E’ stato se l’accettazione da parte di un avvocato della nomina a consigliere del Consiglio di Amministrazione di una Banca, senza alcuna delega e senza alcun potere di rappresentanza, possa comportare un motivo di incompatibilità con l’esercizio della professione forense
Il Consiglio dell’Ordine, ha precisato che secondo il consolidato orientamento del Consiglio Nazionale Forense si trova nella situazione di incompatibilità prevista dall’art. 3 del R.D.L. N. 1578/1933 (“esercizio del commercio in nome altrui”) l’avvocato che ricopra la carica di Presidente del Consiglio amministrazione, di amministratore unico o di amministratore delegato di una società commerciale e che per tale sua funzione vanti poteri effettivi di gestione ordinaria e straordinaria (Consiglio Nazionale Forense, 26 Giugno 2003, n. 165).
Viceversa, la carica di presidente del consiglio di amministrazione o di amministrazione di una società commerciale è compatibile con l’esercizio della professione forense e con l’iscrizione all’Albo nell’ipotesi che l’avvocato sia stato privato, per statuto sociale o successiva deliberazione, dei poteri dei gestione dell’attività commerciale della società, attraverso la nomina di un amministratore delegato (Consiglio Nazionale Forense, 20 Settembre 2000, n. 90; Consiglio Nazionale Forense, 12 Novembre 1996).
E' stato, altresì, precisato che la sola funzione di rappresentanza giudiziale e direzione del consiglio di amministrazione non determina ipotesi di incompatibilità (Consiglio Nazionale Forense, 12 Novembre 1996) e che è compatibile con l’esercizio della professione forense e l’iscrizione all’Albo la carica di presidente del consiglio di amministrazione di una società commerciale nell’ipotesi in cui tale funzione comporti compiti meramente amministrativi e rappresentativi (Consiglio Nazionale Forense, 26 Giugno 2003, n. 165).
Anche la Suprema Corte si è espressa sulla questione, affermando che la situazione di incompatibilità con l’esercizio della professione forense, prevista dall’art. 3, comma 1, del R.D.L. 27 Novembre 1933, n. 1578, per il caso di “esercizio del commercio in nome altrui” ricorre nei confronti dell’avvocato che assuma la carica di amministratore delegato di una società commerciale, ove risulti che tale carica, in forza dell’atto costitutivo o di delega del consiglio di amministrazione, comporti effettivi poteri di gestione e di rappresentanza (Sent. Cass. Civ., Sez. Unite, 5 Gennaio 2007, n. 37; Sent. Cass. Civ., Sez. Unite, 24 Marzo 1977, n. 1143), ma richiamando espressamente e condividendo i principi suenunciati espressi dal Consiglio Nazionale Forense con le sue succitate pronunce 20 Settembre 2000, n. 90, e 12 Novembre 1996, secondo cui la situazione di incompatibilità non ricorre quando il professionista, pur ricoprendo la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione, sia stato privato, per statuto sociale o per successiva deliberazione, dei poteri di gestione dell’attività commerciale, attraverso la nomina di un amministratore delegato.
Ne consegue che un avvocato può assumere la carica di presidente del consiglio di amministrazione di una società commerciale senza incorrere nella situazione di incompatibilità di cui all’art. 3 del R.D.L. n. 1578/1933, purché per statuto o per deliberazione, precedente o contestuale alla sua nomina, sia privato dei poteri gestori e qualora gli siano attribuiti poteri meramente rappresentativi gli stessi non determinino la riferibilità al medesimo dell’attività commerciale della società stessa, fermo restando che la sola funzione di rappresentanza giudiziale e di direzione del Consiglio (Consiglio nazionale Forense, 12 Novembre 1996) e/o la funzione di mera rappresentanza legale (T.A.R. Liguria, 12 Giugno 1990, n. 389) non determinano la suddetta situazione di incompatibilità.