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parere

Avvocato. Produzione di corrispondenza qualificata come riservata personale.

È stato richiesto al Consiglio un parere in merito alle possibili violazioni deontologiche conseguenti alla produzione in giudizio penale da parte del difensore dell’imputato, quale prova documentale a discarico, di corrispondenza qualificata come riservata personale precedentemente intercorsa fra gli avvocati di due controparti nell’ambito di una trattativa intercorsa a margine di una causa civile instauratasi a seguito di opposizione a decreto.
In particolare, la corrispondenza riguardava un’ipotesi transattiva non andata a buon fine.
La norma deontologica di riferimento è l’art. 48 del Codice Deontologico Forense, ove è fra l’altro previsto – in sostanziale continuità con l’art 28 del codice previgente- che l’avvocato non possa produrre, riportare atti processuali o riferire in giudizio la corrispondenza intercorsa fra colleghi qualificata come riservata, nonché quella contenente proposte transattive e relative risposte. In tal senso, occorre precisare che la corrispondenza relativa a proposte transattive è normalmente individuata come una species del genus “corrispondenza scambiata con il collega” autonoma e diversa rispetto alla corrispondenza riservata, pur condividendo con quest’ultima il divieto di produzione in giudizio.
Con riguardo al divieto di produzione di corrispondenza relativa a proposte transattive e relative risposte, peraltro, la ratio della disposizione sembrerebbe sostanzialmente risiedere nella volontà di non attribuire la valenza di confessioni stragiudiziali alle reciproche concessioni (art 1965 c.c.) che i legali abbiano proposto e/o valutato nel corso delle trattative poi interrottesi.
In tal senso, il CNF -con la sentenza 29.11.2012, n. 161- ha evidenziato che “… la ratio del divieto di produrre la corrispondenza scambiata con il collega è evidentemente quella di garantire all’avvocato in qualsiasi fase, sia giudiziale che stragiudiziale, della controversia di poter interloquire anche per iscritto con il collega di controparte, senza dover temere che le affermazioni contenute nella corrispondenza indirizzata allo stesso collega possano essere utilizzate – con la produzione di detta corrispondenza o con il riferimento alla stessa – in maniera tale che ne possa risultare danneggiata la parte assistita, dal momento che se non sussistesse siffatta garanzia ne verrebbe limitata o addirittura compromessa quella possibilità di iniziativa conciliativa, che pure costituisce una delle espressioni maggiormente qualificanti dell’attività professionale”.
Sotto tali profili, sorge, dunque, l’interrogativo se all’affermata necessità di evitare situazioni di danno potenziale alla controparte, derivanti dal contenuto della corrispondenza attribuibile al legale di quest’ultima, debba conseguire una tendenziale limitazione dei casi di operatività del divieto in questione a quelli relativi alla produzione della corrispondenza in un giudizio il cui oggetto sia costituito dalla pretesa rispetto alla quale le proposte transattive sono avanzate e/o valutate.
In merito giova osservare che, a differenza di quanto previsto in materia di corrispondenza riservata dal comma 3 dell’art. 48, non esiste alcun divieto di consegna al cliente della corrispondenza relativa a proposte transattive ed alle relative risposte. Quest’ultima osservazione potrebbe far attribuire alla tipologia di corrispondenza in questione un grado inferiore di riservatezza rispetto a contenuti che non si limitino a proporre e/o valutare reciproche concessioni allo scopo di porre fine ad una lite già incominciata ovvero di prevenire una lite che può sorgere.
Peraltro, è ancor più delicata la questione relativa all’uso processuale della corrispondenza fra colleghi nei casi in cui, come quello in esame, si intenda assicurare il pieno esercizio del diritto di difesa ad un imputato anche di gravi reati in un processo penale.
Del resto, la stessa giurisprudenza del CNF non è sempre disposta ad una modulazione del divieto ex art 48 che tenga conto delle differenti tipologie dei giudizi nelle quali la corrispondenza fra colleghi può astrattamene assumere la natura di prova documentale. Sotto quest’ultimo aspetto, il CNF, con la sentenza 10.04.2013, n. 58, ha affermato che “… l’art 28 vieta di produrre in giudizio corrispondenza qualificata come riservata o comunque contenente proposte transattive scambiate tra colleghi; rimane, quindi, esclusa qualsiasi valutazione da parte del destinatario del divieto circa una prevalenza dei doveri di verità o di difesa sul principio di affidabilità lealtà nei rapporti interprofessionali indipendentemente dagli effetti processuali della produzione vietata.”
Inoltre, si segnala come la prevalenza nel bilanciamento di interessi fra la volontà di procurare al cliente il pieno esercizio del diritto di difesa da un lato e dall’altro, la necessità di assicurare affidabilità e lealtà nei rapporti di colleganza è risolta a favore di quest’ultima anche da un’altra pronuncia del CNF (cfr. sentenza 29.11.2012, n. 161). In particolare, nel suddetto provvedimento il CNF ha precisato che “… la produzione in giudizio di una lettera contenente una proposta transattiva configura per ciò solo la violazione della norma deontologica di cui all’art 28, precetto che non soffre eccezione alcuna, men che meno in vista del pur commendevole scopo di offrire il massimo della tutela nell’interesse del proprio cliente.”
Conclusivamente, deve ritenersi che, se si reputa che, così come per la corrispondenza definita riservata, anche per la corrispondenza relativa a proposte transattive ed alle conseguenti risposte, il divieto di produzione in giudizio, sancito dall’art 48 ( e prima dall’art 28 del c.d. previgente), debba valere anche in assenza di situazioni di danno potenziale per la controparte della trattativa poi non andata a buon fine; detto divieto sussiste a prescindere dalla tipologia del giudizio nel quale si intende produrre detta documentazione e dall’oggetto di esso.