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Lapo Mariani

parere

Avvocato: professione di avvocato e dottorato presso università straniera; iscrizione Albo Speciale dei Ricercatori

È stato chiesto parere riguardo alla compatibilità di una posizione di dottorato da ricoprire presso una Facoltà di Giurisprudenza di un Paese dell’Unione europea, con contratto a tempo determinato pieno per un periodo di 4 anni, con lo svolgimento della professione di avvocato; ed in caso di risposta positiva, l’opportunità di iscriversi nell’Albo Speciale dei Ricercatori.

Occorre premettere che il Consiglio può esaminare le questioni prospettate solo in termini generali indicando le disposizioni della nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense e del codice deontologico che vengono in rilievo in una singola fattispecie.

Le disposizioni che vengono in rilievo nel caso in esame sono rappresentate dagli artt. 18 e 19 della L. 247/2012.

1. L’art. 18 prevede, per quanto qui interessa, che la professione di avvocato è incompatibile “con qualsiasi altra attività di lavoro autonomo svolta continuativamente o professionalmente, escluse quelle di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale, e con l’esercizio di attività di notaio” (art. 18, lett. a, L. 247/2012) e “con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato” (art. 18, lett. d, L. 247/2012).

L’art. 19 contiene le eccezioni alle norme sulla incompatibilità disponendo, al primo comma, che “in deroga a quanto stabilito nell’articolo 18, l’esercizio della professione di avvocato è compatibile con l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici” e, al comma 2, che “ i docenti e i ricercatori universitari a tempo pieno possono esercitare l’attività professionale nei limiti consentiti dall’ordinamento universitario. Per questo limitato esercizio professionale essi devono essere iscritti nell’elenco speciale, annesso all’albo ordinario”

In ordine a tale disposizione ha avuto modo di esprimersi la Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, con la sentenza n. 21949 del 28.10.2015 che, seppure riferita ad una fattispecie diversa da quella in esame, contiene indicazioni utili ai fini dell’inquadramento delle eccezioni alle norme sulla incompatibilità.

Secondo tale pronuncia “l’art. 19 del nuovo ordinamento della professione forense, di cui alla L. n. 247 del 2012, avente ad oggetto la disciplina delle eccezioni alla norma sulla incompatibilità, ha un contenuto diverso, che non consente di ribadire l’interpretazione estensiva operata dalle Sezioni Unite con riferimento al quadro normativo precedente.

Infatti – ferma l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato “con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato” (art. 18, comma 1, lett. d) – l’art. 19, al comma 1, fa salva un’eccezione con riguardo “all’ insegnamento o alla ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici”.

Ai fini dell’operatività dell’eccezione alla regola generale dell’incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part-time, la nuova legge da quindi rilievo non solo al luogo nel quale l’insegnamento o la ricerca si svolge (nelle università, nelle scuole secondarie e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione), ma – e ciò costituisce una novità rispetto al testo precedente – anche all’ambito disciplinare dell’insegnamento o della ricerca, il quale, per espressa previsione, è esclusivamente quello delle “materie giuridiche”.

Tale sentenza precisa altresì, per quanto interessa, che la ratio della riforma “è quella di ammettere un’eccezione, alla regola che sancisce l’incompatibilità con qualsiasi rapporto implicante subordinazione e che vale anche per i docenti e i ricercatori, soltanto là dove l’insegnamento e la ricerca (costituenti la prestazione lavorativa) si esplichino in un settore disciplinare (“materie giuridiche”) comune a quello che tipicamente caratterizza la professione di avvocato.”

In base al tenore letterale dell’art. 19 L. 247/2012 ed alla ratio della riforma forense, l’attività di ricerca in materie giuridiche nell’università quale è quella che propriamente svolge il “dottore di ricerca” (e che è indicata nella richiesta di parere) è dunque compatibile con l’esercizio della professione di avvocato.

2. Quanto poi alla questione relativa alla “opportunità di richiedere un passaggio all’Albo Speciale dei Ricercatori” occorre osservare che l’art. 15 della L.247/2012 prevede come “elenco speciale” annesso all’albo ordinario quello dei “docenti e ricercatori, universitari e di istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici, a tempo pieno” (art. 15, comma 1, lett. d, L. 247/2012).

Nel suddetto elenco possono pertanto essere iscritti soltanto i professori di ruolo ovvero i ricercatori confermati presso le università italiane e cioè i soggetti che rivestono figure di ruolo strutturate all’interno dell’università.

Ne consegue che la qualifica di “dottorando di ricerca” non consente il trasferimento dall’albo ordinario all’elenco speciale di cui all’art. 15, comma 1, lett. d) L. 247/2012.

Al riguardo si richiama un parere del CNF che, anche se riferito ad una fattispecie nella quale era un “professore associato” a richiedere il trasferimento all’albo speciale, è stato affermato : “si evince dal quesito che il docente attualmente in servizio in Inghilterra a tempo pieno non riveste la qualifica di professore di ruolo presso una università italiana, ma è solo in possesso di abilitazione scientifica come professore associato e quindi non è soggetto alla scelta tra tempo pieno e tempo definito di cui all’articolo 11 del DPR n. 382/80, che riguarda i docenti strutturati. Non può essere pertanto trasferito dall’albo ordinario all’elenco speciale dei professori universitari a tempo pieno annesso all’albo degli avvocati di cui all’articolo 15, lett. d) della L. n. 247/2012” (parere n. 25 del 16.3.2016).

In base al tenore letterale dell’art 15 L.247/2012 ed alle indicazioni di cui al suddetto parere si deve escludere che la qualifica di “dottorando di ricerca” consenta il trasferimento nell’elenco speciale di cui all’art 15, comma 1, lett d), della nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense.

Occorre infine precisare che (i) con la nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense il “potere disciplinare appartiene ai consigli distrettuali di disciplina forense” (art 50 L. 247/2012) e dunque non rientra più tra i compiti e le prerogative del Consiglio dell’Ordine; (ii) i pareri in materia deontologica che gli iscritti richiedono al Consiglio dell’Ordine vengono, in conseguenza, rilasciati in termini generali e non assumono né possono assumere in eventuali procedimenti disciplinari, funzione orientativa né tantomeno vincolante del giudizio del Consiglio Distrettuale di Disciplina né rilevare quale esimente dell’iscritto sotto il profilo soggettivo; (iii) è possibile che il Consiglio Distrettuale di Disciplina, nella propria autonoma valutazione dei comportamenti concretamente tenuti, possa pervenire a conclusioni diverse da quelle fatte proprie dal Consiglio anche per quanto riguarda l’elemento soggettivo.