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parere

Avvocato. Richiesta di informazioni da parte dell’Autorità Giudiziaria. Diritto-dovere di opporre il segreto professionale.

E’ stato chiesto quale comportamento debba tenere un avvocato, qualora la Procura della Repubblica, tramite un ufficiale di polizia giudiziaria a ciò appositamente delegato, richieda all’avvocato stesso, nell’ambito di accertamenti in corso in relazione a un rapporto intercorso tra suoi ex-clienti e un terzo rappresentato da un altro avvocato, informazioni circa l’esistenza di corrispondenza con detto collega nonché il contenuto e copia della corrispondenza medesima, tanto più se quest’ultima costituisce corrispondenza riservata-personale.
Il Consiglio dell’Ordine, ha precisato che l’art. 200 del Codice di Procedura Penale dispone che gli avvocati non possano essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui abbiano l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria (cfr. per esempio art. 331 Codice di Procedura Penale).
L’art. 9 del Codice Deontologico Forense dispone, altresì, che è dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.
Costituiscono eccezioni a detta regola (solo) i casi in cui la divulgazione di alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria per lo svolgimento di attività di difesa, al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato di particolare gravità, al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e assistito, nonché in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi dell’assistito, il tutto fermo restando che la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.
Ne consegue che un avvocato, in presenza di una richiesta di informazioni da parte dell’Autorità Giudiziaria, qualora le stesse abbiano attinenza con un mandato ricevuto, se pur cessato, e purché non ricorrano le eccezioni sopra richiamate, con particolare riferimento a quella finalizzata ad impedire la commissione di un reato, ha il diritto-dovere di opporre il segreto professionale, stante che questa richiesta non costituisce atto coercitivo dell’autorità giudiziaria.
Sotto un profilo meramente deontologico, per poter venir meno a tale dovere, l’avvocato deve, dunque, conseguire preventivamente un’espressa autorizzazione da parte del cliente (o dell’ex-cliente).