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parere

Avvocato. Socio accomandante in una società in accomondita semplice. Compatibilità.

E’ stato chiesto se sussistono, o meno, cause di incompatibilità ostative al fatto che un avvocato, che esercita in modo continuativo la professione forense, rivesta la qualifica di socio accomandante in una società in accomandita semplice.
Il Consiglio dell’Ordine, si è espresso affermando che non sussiste alcuna incompatibilità con l’esercizio della professione forense per il fatto che un avvocato, iscritto all’Albo Professionale, acquisti la qualità di socio di capitale in una società, quale deve ritenersi il socio accomandante di una società in accomandita semplice, che, per legge, è estromesso dalla gestione della società e risponde delle obbligazioni sociali solo ed esclusivamente nei limiti della sua quota conferita (articoli 2313 e 2318 Cod. Civ.), dato che detta qualità di socio accomandante, di per sé, non comporta in alcun modo l’esercizio di un’impresa e/o di un’attività commerciale e, dunque, non rientra tra le cause di incompatibilità previste dall’art. 3 del R.D.L. 27 Novembre 1933 n. 1578.
La sussistenza dell’incompatibilità può sorgere (solo) se l’avvocato, socio accomandante, si ingerisca nella gestione sociale e si determinino, dunque, gli effetti di cui all’art. 2320 Cod. Civ.
Si richiama, peraltro, l’attenzione sul fatto che detta società non deve avere un oggetto connesso all’attività professionale dell’avvocato, né deve dare vita, di fatto, ad un’immedesimazione dell’attività professionale con l’attività sociale (cfr. Decisione Consiglio Nazionale Forense, 28 Ottobre 1999, n. 185).