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parere

Praticante Avvocato. Limiti di esercizio della professione in riferimento all’ambito civilistico e penalistico.

E’ stato chiesto quali sono i limiti entro i quali è consentito al praticante avvocato abilitato al patrocinio instaurare una procedura di natura civile e qual è il comportamento da tenere dinanzi alla Polizia Giudiziaria nel caso in cui quest'ultima non voglia dare notizie in ordine ad un soggetto fermato o portato in Questura per accertamenti.
Il Consiglio dell’Ordine, precisando che ha esaminato la problematica oggetto del richiesto parere esclusivamente per quanto di propria competenza, ovverosia limitatamente alle eventuali implicazioni di natura ordinamentale e deontologica relative alla professione di avvocato, si è espresso in merito al primo quesito, segnalando che la questione posta trova disciplina nell'art. 7 della Legge 16/12/99, n. 479 (pubblicata sulla G.U. n. 296/99), che determina i limiti di esercizio della professione cui è autorizzato il praticante con patrocinio.
In particolare, per quanto attiene all'ambito civilistico, il praticante abilitato potrà esercitare sia per tutte le cause di competenza del Giudice di Pace, sia per tutte le cause di competenza del Tribunale in composizione monocratica purché di valore inferiore ad € 25.822,84.
Dal momento che i processi di esecuzione sono assegnati al Tribunale in composizione monocratica, ove le somme richieste siano di importo inferiore a quello sopra indicato, anche il praticante potrà patrocinare autonomamente la causa.
Nel caso invece in cui le somme fossero superiori ovviamente tale abilitazione sarà preclusa.
Per quanto attiene al secondo quesito si deve segnalare che in assenza di una nomina fiduciaria effettuata dalla persona fermata (o dai suoi prossimi congiunti) gli ufficiali di Polizia Giudiziaria non sono ovviamente autorizzati a dare informazioni sulle ragioni del fermo o dell’arresto.
Ciò naturalmente vale tanto per l'avvocato, quanto per il praticante abilitato.
Si deve osservare che il citato art. 7 della Legge 479/99 stabilisce, per quanto attiene agli affari penali, che il praticante abilitato può patrocinare nelle cause aventi ad oggetto i reati previsti dall'art. 550 c.p.p. (ovverosia nei casi in cui è prevista la citazione diretta a giudizio da parte del Pubblico Ministero in sede di esercizio dell'azione penale).
L'art. 550 c.p.p. fa riferimento a contravvenzioni e delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a 4 anni e fa riferimento anche ad una serie specifica di reati (tra i quali la violenza o minaccia a Pubblico Ufficiale, la resistenza a Pubblico Ufficiale etc. etc.).
Ne consegue che per avere la certezza assoluta circa la possibilità per il praticante avvocato di patrocinare in sede penale, è necessario attendere l'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro poiché solo in questo momento il Pubblico Ministero formalizza, sia pure in via provvisoria, la contestazione specifica.
Unica eccezione a tale situazione è quella nella quale sia ragionevolmente certo fino dal fermo o dall'arresto che si verte in uno dei casi previsti proprio dall'art. 550 c.p.p.