Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

La lettura della sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. non corrisponde alla notifica (Cass., Sez. III, 19 settembre 2014, n. 19743)

La Corte di Cassazione, nella pronuncia in commento, ha statuito come la lettura della sentenza ex art 281 sexies c.p.c. non possa corrispondere alla sua notificazione, con la conseguenza che, dalla data della relativa udienza, non decorrono i termini brevi ex art. 325 c.p.c.
Infatti, ha osservato la Corte, dal combinato disposto degli artt. 285 c.p.c. e 326 c.p.c risulta che i termini brevi per proporre gravame scattano solamente se, su istanza di una delle parti, è stata notificata la sentenza impugnata. In difetto, dunque, di uno specifico impulso di parte, l’impugnazione deve essere presentata entro il termine lungo di cui all’art 327 c.p.c.
Spostando, quindi, la propria attenzione sull’art 281 sexies c.p.c., la Suprema Corte ha precisato che detta norma, in realtà, introduce, unicamente, una deroga all'art. 133 c.p.c., nella misura in cui quest’ultima disposizione prevede che la sentenza è pubblicata mediante deposito in Cancelleria. In altri termini dal testo dell’art 281 sexies c.p.c. non è possibile individuare, neppure implicitamente, un’eccezione all'art. 326 c.p.c. od all'art. 327 c.p.c.
Ne consegue, a detta degli ermellini, che “..nei casi in cui il giudice abbia ordinato, ai sensi del citato art. 281 sexies cod. proc. civ., la discussione orale della causa e abbia pronunciato, al termine della discussione, sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, il termine lungo per proporre impugnazione decorre dalla data della pronuncia (cfr. Cass. 08 novembre 2010, n. 22659), equivalendo, questa, alla pubblicazione. Inoltre, la lettura del provvedimento in udienza ai sensi della stessa norma e la sottoscrizione del verbale che lo contiene da parte del giudice non solo equivalgono alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall'art. 133 cod. proc. civ., ma esonerano la cancelleria, in applicazione del principio stabilito dall'art. 176 co. 2 cod. proc. civ., dall'onere della comunicazione, la quale oltre ad essere superflua (non aggiungendo nulla a quanto le parti hanno già avuto modo di integralmente conoscere), contrasterebbe con l'intento di semplificazione delle forme perseguite dal legislatore (cfr. Cass. ord. 24 luglio 2007, n. 16304; Cass. ord. 28 febbraio 2006, n. 4401).”

a cura di Marco Ferrero