Direttore Responsabile:

Susanna Della Felice

Coordinatore di Redazione:

Lapo Mariani

giurisprudenza

L’avvocato può effettuare comunicazioni al cliente anche al bar (Cass., Sez. III, 16 gennaio 2013, n. 938)

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha evidenziato che l’avvocato adempie la propria prestazione, consistente nell’effettuare le comunicazioni al cliente, in questo caso una s.a.s., anche se queste sono rese al rappresentante “apparente”. Nella fattispecie, l’avvocato aveva comunicato il provvedimento di concessione del termine di grazia in una procedura di sfratto per morosità al coniuge convivente dell’amministratrice e socio accomandante della società. Effettivamente quest’ultimo, con il proprio contegno pregresso, aveva realizzato “una spontanea interposizione personale in veste di factotum, costituente espressione di una scelta organizzativa interna alla società”, e ciò gli conferiva una rappresentanza apparente che aveva del resto trovato esplicazione in tutte le altre occasioni in cui aveva avuto luogo il rapporto professionale tra legale e società.
La Corte ha inoltre precisato che le comunicazioni che il difensore deve effettuare al suo assistito non richiedono necessariamente la forma scritta o altre formule particolari, né devono essere rese necessariamente in sede fornita di requisiti di professionalità. Salvo che una determinata forma sia prescritta per legge o per espressa volontà delle parti, ai fini della comunicazione può essere impiegato qualsiasi strumento e qualsiasi forma, purché idonei a far apprendere correttamente il contenuto della dichiarazione. Pertanto, il comportamento dell’avvocato che ha effettuato nel caso di specie una comunicazione al proprio cliente all’interno di un bar, non viola né l’art. 1176 c.c., né l’art. 1712 c.c., laddove il cliente ha avuto piena contezza del contenuto di tale comunicazione.
 

a cura di Guendalina Carloni