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giurisprudenza

La morte dell’unico legale implica l’interruzione automatica del processo (Cass., Sez. II, 5 maggio 2014, n. 9623)

La Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, ha sostenuto come, in base all’art. 301 c.p.c., la morte dell’unico difensore di una delle parti comporti l’automatica interruzione del processo, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza eventualmente pronunciata.
Infatti, nel caso di specie, nel corso del giudizio di appello, nonostante fosse venuto a mancare il legale di una delle parti, il procedimento non era stato interrotto e la causa era stata ugualmente decisa. Più precisamente, il legale, unico difensore costituito dell’appellante, era deceduto alcuni mesi prima che la causa fosse trattenuta in giudizio.
Sotto tale profilo, quindi, la Suprema Corte, richiamando espressamente alcuni propri precedenti conformi, ha ribadito che "… la morte dell'unico difensore della parte costituita, che intervenga nel corso del giudizio di secondo grado tra l'udienza di precisazione delle conclusioni e l'udienza collegiale, determina automaticamente l'interruzione del processo, anche se il giudice e le altre parti non ne abbiano avuto conoscenza, e preclude ogni ulteriore attività processuale, con la conseguente nullità degli atti successivi e della sentenza di appello eventualmente pronunciata; l'irrituale prosecuzione del processo, nonostante il verificarsi dell'evento interruttivo, può essere dedotta e provata in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 372 c.p.c., mediante la produzione dei documenti all'uopo necessari, ma solo dalla parte colpita dal predetto evento, a tutela della quale sono poste le norme che disciplinano l'interruzione, non potendo quest'ultima essere rilevata d'ufficio dal giudice, né eccepita dalla controparte come motivo di nullità della sentenza (Cass. Sentenza n. 26319 del 11/12/2006; Cass. 12398 del 28/05/2007; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25234 del 14/12/2010).”

a cura di Marco Ferrero