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giurisprudenza

Ammesso l’accesso al patrocinio a spese delle Stato nella ipotesi lieve di detenzione di stupefacenti ai fini di spaccio aggravata a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 76 comma 4 bis del D.P.R. n.115 del 30/05/2002 per violazione degli artt. 3 e 24 commi secondo e terzo Cost. (Corte Cost., Sent., 3 novembre 2022, n. 223)

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 223 del 03/11/2022, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.76 comma 4 bis del D.P.R. n.115 del 30/05/2002 per violazione degli artt. 3 e 24 commi secondo e terzo Cost.

Il Tribunale Ordinario di Firenze, prima sezione penale, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 76 comma 4 bis del D.P.R. n. 115/02 per violazione degli artt. 3 e 24 commi secondo e terzo Cost. nella parte in cui ricomprende i reati di cui all’art. 73 comma 5 D.P.R. n. 309/90 qualora ricorrano le ipotesi aggravate previste dall’art. 80 comma 1 lettera a) o g) del medesimo t.u. stupefacenti tra i reati per i quali opera la presunzione di superamento del reddito  per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

La Corte Costituzionale preliminarmente ha rilevato che l’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/90, a seguito della modifica operata dall’art. 2 comma 1 lettera a) D.L. n. 146/2013 convertito in legge con modificazioni n. 10 del 21/02/2014, individua un reato autonomo e non una ipotesi attenuata (piccolo spaccio) del primo comma, pertanto, la questione di legittimità costituzionale riguarda questa sola fattispecie e non tutte le ipotesi di cui all’art. 73; inoltre, ha affermato che la questione di legittimità si pone con riferimento a tutte le ipotesi aggravate ex art. 80 e non solo a quelle espressamente richiamate dal giudice a quo il quale ha meramente esemplificato per ragioni argomentative le aggravanti.

La Corte Costituzionale, prima di discutere il merito della questione, ha osservato che l’art. 76 D.P.R. 115/02 risponde all’esigenza di garantire ai non abbienti il diritto di difesa. Tale esigenza, nel processo penale assume una valenza particolare perché l’individuo è sottoposto all’azione della pubblica accusa ed in gioco è la sua libertà personale: per tali ragioni l’accesso all’istituto richiede solo il limite reddituale e non anche la non manifesta infondatezza dell’azione che si intende promuovere.

I redditi da considerare, ai fini dell’applicazione dell’istituto in esame, sono tutti quelli percepiti dall’istante, anche di quelli non soggetti ad imposta (perché esenti o non rientranti nella base imponibile) e di quelli frutto di attività illecite.

È proprio la difficoltà di accertare l’esistenza di tali tipi di proventi, anche in considerazione dalla facilità nell’occultamento degli stessi, ha spinto il legislatore a introdurre il comma 4 bis all’art. 76 D.P.R. 115/02 stabilendo una presunzione assoluta di superamento della soglia reddituale per quei reati connotati dall’ingenza del profitto e dal suo facile occultamento.

La Corte Costituzionale, tuttavia, con la sentenza n.139/2010, ha trasformato la suddetta presunzione assoluta in presunzione relativa dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art.76 comma 4 bis D.P.R. 115/02.

Nel merito la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 76 comma 4 bis D.P.R. 115/02 per violazione degli artt. 3 e 24 comma 2 e comma 3 Costituzione così argomentando: 1) le ipotesi di lieve entità non dovrebbero essere considerate dalla norma censurata perché trattasi di previsione incoerente rispetto al bene perseguito; non si può ragionevolmente ritenere che le attività di piccolo spaccio consentano l’accumulo di ingenti ricchezze e ciò anche nelle ipotesi aggravate dall’art.80: le circostanze aggravanti non incidono sulla maggiore proficuità dell’attività delittuosa posta in essere; le fattispecie di reato previste dal comma 4 bis concernono attività delittuose poste in essere in forma associativa che presuppongono enormi profitti: lo spaccio di particolare tenuità è posto in essere da soggetti posti ai margini della società con scarse capacità economiche; tra le altre cose, l’art.80 contempla tra le ipotesi aggravate i casi di rilevanti entità di stupefacente, dato che è in evidente contrasto con la previsione del comma 5 art. 73 D.P.R. 309/90 (art.3 Cost.); 2) l’istituto del patrocinio a spese dello Stato tutela il soggetto non abbiente al quale deve essere garantito il diritto all’azione e alla difesa; la presunzione anche relativa di superamento dei limiti di reddito nei casi di cui all’art. 73 comma 5 D.P.R. 309/90, rende irragionevolmente, per questi soggetti, più oneroso l’accesso all’istituto (art. 24 Cost.).

La Corte, infine, ha rilevato che già la giurisprudenza di legittimità ha escluso che la condanna per cessione di stupefacenti nei casi di lieve entità seppure aggravata ai sensi dell’art. 80 possa determinare la presunzione di cui all’art. 76 comma 4 bis D.P.R. 115/02 (Cass. 16127/2018); tuttavia, tale interpretazione adeguatrice fornita dalla cassazione è contenuta in un’unica sentenza e non può orientare l’interprete per il futuro tenuto conto del dato testuale della norma, pertanto, era necessario questo intervento della Corte Costituzionale.

A cura di Fabio Marongiu