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giurisprudenza

Attività stragiudiziale e determinazione del compenso dell’avvocato: l’applicabilità dei principi di cui all’art. 2233 c.c. (Cass., Sez. II, Ord., 7 febbraio 2024, n. 3492)

Con l’arresto in commento la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi in merito ai compensi dovuti all’avvocato, richiama l’art. 2233 c.c. quale norma architrave in tema di compensi per prestazioni d’opera intellettuale, a tenore del quale se non è convenuto tra le parti e se non può essere stabilito secondo tariffe ovvero gli usi, il compenso è determinato dal giudice, sentito il parere dell’ordine di appartenenza del professionista coinvolto. Viene dunque richiamata una recente pronuncia delle Sezioni Unite con la quale era stata evidenziata la gerarchia di carattere preferenziale posta dalla sopra citata norma tra i vari criteri per la determinazione del compenso, affermando dunque che il ricorso a criteri sussidiari è dunque precluso al giudice tutte le volte in cui esiste uno specifico accordo tra le parti, le cui pattuizioni risultano preminenti su ogni altro criterio di liquidazione. Nel caso di specie la Suprema Corte estende la validità dei predetti principi anche con riferimento all’attività stragiudiziale dell’avvocato, in relazione alla quale spetta al predetto il diritto di ricevere il compenso relativo all’attività concretamente svolta, da determinarsi, soltanto in mancanza di accordo tra le parti, sulla base delle voci tariffarie relative alle singole prestazioni rese ovvero, in mancanza, in via equitativa ex art. 2233 c.c..

                                                                                                                                                                                                                                                                                A cura di Elena Borsotti