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giurisprudenza

Commette frazionamento illecito del credito l’avvocato che deposita più ricorsi per riscuotere il compenso dalle parti (Cass., Sez. II, Ord., 14 settembre 2023 n. 26493)

Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione è tornata sul tema del frazionamento giudiziale del credito chiarendo (o almeno questo era l’intento della Corte) la portata dei principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 4090/2017.

La sentenza trae origine dalla sentenza con cui un giudice di pace, accogliendo l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da un condomino, revocava il decreto ottenuto da un avvocato per i compensi professionali maturati per prestazioni svolte quale difensore del Condominio.

L’opposizione veniva accolta avendo il professionista abusivamente proceduto alla parcellizzazione della domanda giudiziale depositando tre distinti ricorsi monitori, realizzando così un illegittimo frazionamento giudiziale del credito.

Il Tribunale, quale giudice di secondo grado, rigettava l’appello confermando che la condotta posta in essere dall’avvocato integrava fattispecie di “abuso del diritto”.

Il professionista ricorreva quindi in cassazione deducendo due motivi di impugnazione.

In primo luogo, lamentava che i diversi giudizi in cui aveva rappresentato il Condominio non costituivano un’unica prestazione professionale, ma si articolavano in distinte attività giudiziarie “che escludono il frazionamento di un unico credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, e legittimano, invece, il ricorrente al compenso per l’attività professionale esercitata limitatamente a ciascuna specifica controversia, quand’anche l’incarico fosse stato unico”.

Il ricorrente lamentava inoltre che, nel caso di parcellizzazione giudiziale dei crediti, la sanzione non può consistere nell’inammissibilità delle domande giudiziali, ma semmai nella revoca del decreto ingiuntivo e delle spese giudiziali con esso liquidate, rendendosi comunque necessaria una pronuncia sul diritto di credito al compenso professionale maturato.

Nello specifico, per il professionista poteva dirsi sussistente l’interesse ad una tutela processuale frazionata stante l’assenza di un accordo riguardante il compenso per le singole attività defensionali ovvero per l’incarico professionale unitario.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, ritenendo, in particolare, il motivo riguardante il frazionamento del credito in plurime richieste giudiziali del tutto infondato.

I giudici di legittimità hanno quindi precisato due concetti espressi dalle Sezioni Unite del 2017, ovvero quelli di medesimo rapporto di durata, da intendersi quale “relazione di fatto realizzatasi tra le parti nella concreta vicenda da cui deriva la controversia” e quello di medesimo fatto costitutivo, da intendersicome fatto storico che, seppur diverso, abbia però la stessa natura di quello che, nell’ambito del rapporto tra le parti, sia stato già dedotto in giudizio”.

A fronte di ciò, secondo la Corte viene integrato abusivo frazionamento del ogni volta che “le pretese creditorie separatamente azionate siano riconducibili a fatti costitutivi storicamente distinti che si sono verificati nel contesto di un rapporto di durata tra le parti anche se non ha avuto origine nella stipulazione di un contratto che ne regolasse gli effetti: (quanto meno) tutte le volte in cui si tratti di fatti che, seppur distinti, sono tra loro simili (come l’esecuzione di distinti incarichi professionali ovvero di distinte forniture) e, in quanto tali, idonei a costituire, tra le stesse parti, diritti di credito giuridicamente eguali”.

A cura di Corinna Cappelli