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giurisprudenza

Compensi dell’avvocato e azione di ingiustificato arricchimento nei confronti della P.A. (Cass., Sez. VI, Ord., 31 marzo 2022, n. 10432)

La pronuncia in esame trae origine da una azione, proposta da un avvocato nei confronti degli amministratori di un comune, volta a ottenere il pagamento dei propri compensi professionali per un’attività svolta, a favore dell’ente locale in questione, su incarico della giunta; incarico non seguito, però, da convenzione scritta.

Il giudice di prime cure aveva accolto la domanda di condanna avanzata dal professionista e rigettato le domande di manleva o di arricchimento senza causa proposte dagli amministratori nei confronti del comune.

In sede di appello, è stato poi affermato il difetto dei presupposti per aversi indebito arricchimento del comune in questione; secondo il giudice dell’appello, l’impoverimento degli amministratori non era ingiustificato, ma fondato sull’art. 191 d.lgs. 267/2000.

A fronte del ricorso degli amministratori, la Cassazione ha chiarito, in primo luogo, che ove “le obbligazioni siano state assunte senza un previo contratto e senza l’osservanza dei controlli contabili relativi alla gestione dello stesso, al di fuori delle norme cd. di evidenza pubblica, insorge un rapporto obbligatorio direttamente tra chi abbia fornito la prestazione e l’amministratore o il funzionario inadempiente che l’abbia consentita”.

La Suprema Corte ha però evidenziato che, come precisato dalla Corte Costituzionale, “in linea generale ben sussistono in questi casi “in favore del funzionario (o amministratore) le condizioni affinché egli possa esercitare l’azione ex 2041 cod. civ. verso l’ente nei limiti dell’arricchimento da questo conseguito””.

Più in particolare, “l’amministratore che sia stato convenuto dal privato ben può infatti esercitare l’azione di arricchimento onde essere rilevato indenne dall’esborso; lo può fare perché l’azione diretta di indebito arricchimento verso l’amministrazione locale è preclusa al professionista o al fornitore del servizio, il quale può agire contrattualmente in via principale nei confronti del singolo amministratore in ragione della costituzione ope legis del rapporto obbligatorio con lui (v. Cass. n. 11036-18); la proposizione di tale azione, che può condurre a un risultato integralmente o parzialmente satisfattivo per le ragioni creditorie del privato professionista o fornitore, espone tuttavia l’amministratore condannato in proprio a un depauperamento patrimoniale che si correla a un arricchimento ingiustificato dell’amministrazione pubblica, per avere comunque codesta beneficiato di una prestazione patrimoniale senza corrispettivo; cosicché si innesca in questo l’esigenza di tutela dell’amministratore, che può essere soddisfatta mediante la proposizione, in mancanza di altre azioni, proprio dell’azione di ingiustificato arricchimento verso l’ente pubblico, a norma dell’art. 2041 cod. civ.”.

A cura di Giulio Carano