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giurisprudenza

Compensi dell’avvocato: gli interessi decorrono dalla messa in mora (Cass. Sez. VI, Ord., 16 marzo 2022, n. 8611).

Uno studio legale associato (cessato nelle more del giudizio) conveniva in giudizio il proprio cliente per la liquidazione giudiziale dei compensi dovuti in ragione di numerosi procedimenti nei quali aveva espletato attività difensiva. Il Tribunale, oltre a ridurre l’importo richiesto, statuiva che gli interessi decorressero dall’emissione del provvedimento di liquidazione, in conformità della giurisprudenza che nega la mora del cliente verso l’avvocato prima che appunto intervenga la liquidazione”.

La Cassazione, a seguito del ricorso di un ex socio dello studio, ha dato atto di un contrasto giurisprudenziale in punto di decorrenza degli interessi di mora relativamente ai compensi dell’avvocato. Un primo orientamento (da ultimo Cass. n. 17655/2018), sostiene che la disposizione che stabilisce la decorrenza degli interessi di mora dal terzo mese successivo all’invio della parcella (d.m. n. 238/1992, non si applica all’ipotesi di controversia avente ad oggetto il compenso tra avvocato e cliente, potendo quest’ultimo essere considerato in mora solo al momento della liquidazione giudiziale delle somme (o dalla notifica del decreto ingiuntivo); ciò perché per configurare il colpevole ritardo nel pagamento occorre una sufficiente certezza del suo ammontare e dunque, se la determinazione dell’esatto valore dell’obbligazione è rimessa al giudice – che con riferimento ai compensi professionali è tenuto a determinare sia il rispetto dei limiti della tariffa che la “congruità” della stessa sulla base di numerosi elementi non obiettivamente ponderabili al momento della spedizione della parcella – e la contestazione del cliente non sia meramente pretestuosa, la costituzione in mora può aversi solo con la domanda giudiziale. Nel caso di azione monitoria, invece, gli interessi decorrerebbero dalla notifica del decreto ingiuntivo al cliente.

Un secondo orientamento (declinato in relazione ai crediti professionali dell’avvocato dalla Cass. n. 11736/1998) si fonda invece sulla circostanza che il nostro ordinamento non accoglie il principio “in illiquidis non fit mora”, con la conseguenza che, in caso di contestazione dell’entità del credito, l’atto di costituzione in mora (l’invio della parcella) produce i suoi effetti tipici limitatamente alla parte di credito riconosciuta, senza che rilevi la richiesta di pagamento per una somma maggiore o minore, valendo la stessa limitatamente alla parte di credito non contestata o che risulterà all’esito dell’accertamento giudiziale.

La Cassazione, nel caso di specie, ha fatto proprio il secondo orientamento, affermando che, fermo restando che la liquidità del credito non è requisito per la mora, non vi sono ragioni per differenziare il diritto di credito dell’avvocato da quello degli altri creditori: anche se si tratta di un credito di valuta, la colpa del creditore non può essere esclusa in ragione della sola contestazione giudiziale degli importi ma solo se il debitore sia impossibilitato in maniera assoluta, secondo l’ordinaria diligenza, a quantificare la prestazione; circostanza non sussistente in presenza di una precedente parcella e di tariffe professionali con questa confrontabili. A conferma di ciò anche la circostanza per la quale, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 14 del D.Lgs. n. 150/2011, le controversie relative ai compensi dell’avvocato possono essere introdotte, alternativamente, con il rito sommario di cui agli artt. 702 ss. c.p.c. o con ricorso per ingiunzione, l’opposizione al quale va presentata con il suddetto rito sommario “speciale”: se si seguisse il primo orientamento, gli interessi decorrerebbero, alternativamente, dalla pronuncia del giudice per i procedimenti introdotti direttamente con il rito sommario e dalla notifica del decreto ingiuntivo nell’ipotesi di opzione per il procedimento monitorio; e sostenere che, in caso di opposizione, gli interessi decorrerebbero comunque al momento della sentenza che definisce il procedimento sommario, comporterebbe il proliferare di opposizioni meramente dilatorie, recando un ingiustificato danno al creditore.

A cura di Leonardo Cammunci

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Allegato:
8611-2022