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giurisprudenza

Condannata la praticante che, fingendosi avvocato, aveva formato una falsa sentenza di divorzio e riscosso somme dal cliente per tale falso (Cass. Pen., Sez. VI, 11 novembre 2022, n. 43038)

Il fatto inerente al presente giudizio di Cassazione attiene ad una praticante Avvocato che era stata condannata in sede penale, in entrambi i gradi di giudizio con c.d. “doppia conforme”, per aver, fingendosi Avvocato, formato una falsa sentenza di divorzio in una causa civile di fatto inesistente ricevendo, per questo, un compenso dall’ignaro cliente.

Proponeva ricorso per Cassazione l’imputata rilevando il carattere grossolano della falsificazione, considerato che la data contraffatta cadeva di domenica, che il timbro della cancelleria non era più in uso, che il cancelliere firmatario della sentenza non era ormai più in servizio presso il Tribunale intestato.

La Corte di Cassazione ha considerato il ricorso inammissibile in quanto vertente a chiedere una ricostruzione alternativa del fatto, non realizzabile in sede di legittimità. In ogni caso, la Corte evidenzia che, contrariamente a quanto ritenuto nel ricorso, il falso attribuito all’imputata non fosse certo grossolano, non essendo rilevabile ictu oculi, e che l’ipotesi che una praticante abilitata potesse commettere errori, quali la scelta della data della sentenza contraffatta (caduta su un giorno non lavorativo) o del timbro del cancelliere (che a quella data non era più in servizio presso il Tribunale) appare tutt’altro che inverosimile.

La Corte, infine, ricorda che il veto di inammissibilità del ricorso, impedisce di tener conto del tempo trascorso dopo la sentenza di appello ai fini del computo del termine di prescrizione.

 

A cura di Devis Baldi